Palazzo Santoro, in 4 a processo

Falso nei progetti di restauro, rinvio a giudizio anche per l’ex soprintendente Zampino

Quattro persone, tra cui l’ex soprintendente Giuseppe Zampino, sono state rinviate a giudizio per i lavori a Palazzo Santoro, l’edificio di corso Garibaldi sottoposto a vincolo e da quattordici anni circondato da impalcature per un restauro bloccato da abusi e contenziosi. A processo, con l’accusa di falso ideologico, andranno insieme a Zampino il funzionario Giovanni Villani della Soprintendenza e i progettisti Giuseppe Carluccio e Arianna De Luzio, incaricati dal condominio del restauro dell’immobile. Al centro dell’inchiesta c’è il carteggio presentato dai due tecnici all’ente di via Tasso per ottenere il via libera ai lavori. Documenti in cui si dichiarava – falsamente, scrivono gli inquirenti – che il progetto illustrato in uno dei grafici era rispondente allo stato dei luoghi. Di conseguenza sarebbe anche’esso viziato da falso il provvedimento con cui Villani e Zampino attestarono l’ammissibilità delle opere, «sulla base del falso presupposto della conformità allo stato dei luoghi della rappresentazione contenuta nel grafico». In definitiva la nuova veste dello stabile non risulta affatto coerente con l’identità architettonica dell’edificio e sarebbe quindi illegittimo, per abuso d’ufficio, il provvedimento con cui nell’agosto del 2009 la Soprintendenza ha approvato il progetto.

L’inchiesta ha origine dall’esposto di uno dei condomini, il professore Alessio Colombis, che non aveva condiviso le scelte della maggioranza dell’assemblea e ritiene illegittimi alcuni interventi già eseguiti agli ultimi piani della scala B dell’edificio. Sull’altro lato questi lavori erano stati bloccato da un intervento dell’architetto Eleonora Sciré, responsabile dell’ufficio antiabusivismo della Soprintendenza, ma nell’estate del 2009 l’ufficio fu soppresso e ad agosto la Soprintendenza dispose il via libera che ora è oggetto del processo.

Il rinvio a giudizio è arrivato dopo due richieste di archiviazione respinte e un’imputazione coatta disposta dal gip Maria Zambrano. Ieri il giudice dell’udienza preliminare Ubaldo Perrotta ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio e fissato agli inizi di ottobre l’inizio del processo. Il gup ha inoltre accolto la costituzione di parte civile presentata da Colombis (assistito dall’avvocato Giuseppe Della Monica) e di altri due condomini, Gabriella Pastore e Aurelio Barela. Chiedono innanzitutto il risarcimento del danno economico per aver dovuto pagare i costi di un progetto su cui non erano d’accordo e che si sarebbe poi rivelato viziato. Ma annunciano che nel corso del dibattimento saranno poste in rilievo anche le conseguenze negative di lavori iniziati nel 2002 e lontani dall’essere terminati proprio a causa di un iter ritenuto non lineare. Si calcola che le spese finora affrontate dal condominio ammontino a 4 milioni di euro. Inoltre il palazzo è cinto da impalcatura esterna da circa quattordici anni, con conseguente pagamento di occupazione di suolo pubblico, e ha da circa quattro anni anche un’impalcatura interna.

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