Pagani, tante ombre su quel pestaggio Scatta l’assoluzione

Pagani: nelle motivazioni della sentenza il magistrato stronca la credibilità del collaboratore Prisco Ceruso

PAGANI. Non regge alla verifica del dibattimento il racconto di Passariello, giudicato incongruente, impreciso e viziato.

Lo scrivono i giudici del primo collegio nelle motivazione alla sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti dei quattro imputati del processo “Guerra lampo”, passato da un sequestro di persona con estorsione a un proscioglimento, con la sola accusa di lesioni rimasta in piedi per uno solo del gruppo, Daniele Confessore. I punti salienti partono dal referto ospedaliero che prescrive a Passariello, presunta vittima, tre giorni di prognosi, rispetto “a una riferita aggressione con mazze e bastoni fino alla caduta a terra sanguinate”. Il secondo passaggio riguarda l’assurdo «riaccompagnamento da parte degli stessi autori del pestaggio in centro cittadino per consentirgli il soccorso», con l’autista dell’ambulanza , sentito come teste della difesa, a dichiarare come fu lo stesso Passarielllo a raccontare dell’aggressione subita a viale Trieste e non nella periferica via Filettine. Anche un altro teste, il barista Vanacore, racconta di aver assistito al pestaggio, “avvenuto davanti al bar in viale Trieste”.

Terzo punto è il movente del pestaggio, connesso all’affare videogiochi nel bar Vitelli, dove Passariello avrebbe compiuto il furto costatogli la vendetta. Come emerso al processo i proventi delle slot ammontano a duecento euro al mese, fuori da ogni richiesta estorsiva dei clan della zona, col Passariello privo di guadagni e tosssicodipendente non in grado di risarcire duemila euro quale risarcimento imposto dai quattro picchiatori.

Alla madre, inoltre, Passariello riferì ancora dolorante che il mandante era il barista, senza raccontare stranamente dell’identità dei picchiatori, col ricordo successivo rivelatosi invece preciso e puntuale.

Il tribunale valuta gli elementi, le testimonianze, le celle telefoniche, e situa in viale Trieste il pestaggio, compiuto solo da Daniele Confessore e da Gaetano Fezza, per una guardata storta, smentendo la prima indicazione di via Filettine e la massiccia partecipazione degli altri, smontando anche l’estorsione imposta. Per quanto riguarda il celeberrimo pentito Prisco Ceruso, sentito in coda al dibattimento, già ascoltato anche al processo Gambino, il tribunale stroncando ogni affidabilità.

«Nessuna valenza probatoria per le dichiarazioni di Ceruso, generiche per l’appartenenza degli imputati a un clan, all’impiego nello spaccio, senza nulla dire per gli episodi specifici. Nel controesame Ceruso ha detto sostanzialmente di non ricordare nulla.

(a. t. g.)

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