Pagani, stupro di gruppo In quattro alla sbarra

Tre persone approfittarono della donna in una rimessa nella zona periferica Chiesto il giudizio anche per un 40enne rumeno che organizzò l’incontro

PAGANI. La procura chiede il processo per quattro persone accusate dello stupro di gruppo ai danni di una giovane rumena. Il rumeno Dumitru Sucilea, 40enne, già coinvolto in un’altra vicenda di prostituzione, e i tre paganesi, Luigi Melillo, imprenditore, di 41 anni, Franco Ferraioli, impiegato di 40 anni e Gaetano De Prisco, operaio di 52 anni, tutti arrestati dai carabinieri di Pagani, compariranno davanti al gup Scermino. Le accuse della vittima ripercorsero le tappe della violenza di gruppo cui fu sottoposta. La donna era in Italia da tre anni quando il marito fu costretto a tornare in Romania. Lei andò a stare insieme alla sorella e al cognato Dumitru Sucilena. Proprio lui iniziò a minacciarla, confidandole di aver trovato un lavoro come donna delle pulizie.

La trappola scattò in un capannone di rimessa di barche, in via Zeccagnuolo, nella disponibilità di Melillo, che era lì insieme a De Prisco e Ferraioli. Sotto la minaccia di una pistola, mai ritrovata, fu detto alla malcapitata che doveva fare sesso con i tre.

A quel punto iniziò lo stupro di gruppo, con la donna riaccompagnata a casa con tanto di pagamento di 700 euro al rumeno e 300 euro lei. Da quel giorno la donna fu praticamente iniziata al meretricio, con Sucilea che organizzava gli incontri con insospettabili padri di famiglia, imprenditori e professionisti facoltosi, pronti a pagare ingenti somme di denaro.

I quattro furono arrestati e poi scarcerati dal riesame, col successivo incidente probatorio, dove la vittima ripercorse nuovamente la sua allucinante vicenda riconfermando le sue dichiarazioni, ora, a disposizione nell’imminente udienza preliminare. La donna fu ritrovata dai carabinieri per strada dopo che lei stessa telefonò in caserma chiedendo aiuto, in tenenza per i primi accertamenti con una prima operazione investigativa ribattezzata “Adrian”, destinata a stroncare un giro di prostituzione coordinato da Avram Adrian Ciprien, capo del gruppo, e lo stesso Sucilea, l’organizzatore dell’incontro consumato in una rimessa. Secondo l’impianto accusatorio la donna fu obbligata a prostituirsi.

Poi riconobbe dalle fotografie i responsabili della violenza in barca, con modalità ritenute pienamente fondate dal gip, individuando i tre che l’avevano posseduta a turno nel salotto dell’imbarcazione, che di fronte al suo iniziale rifiuto l’avevano minacciata di morte picchiandola senza pietà.

«Sono venuta per fare le pulizie – aveva detto - e non per prostituirmi», condotta con l’inganno in quel capannone di campagna dal suo connazionale.

(a. t. g.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA