Pagani, De Vivo viene condannato ma si riprende i soldi

PAGANI. La Corte d’Appello restituisce ventiduemila euro confiscati in primo grado al pregiudicato paganese Andrea De Vivo, contestualmente alla riforma della sentenza di primo grado che lo aveva...

PAGANI. La Corte d’Appello restituisce ventiduemila euro confiscati in primo grado al pregiudicato paganese Andrea De Vivo, contestualmente alla riforma della sentenza di primo grado che lo aveva condannato per tentata corruzione di due carabinieri. Dai due anni e sette mesi incassati in primo grado è passato ad un anno di reclusione, con lo sblocco della cifra confiscata, metà della somma inizialmente in possesso del giovane ritenuto esponente di spicco del clan Fezza.

De Vivo, difeso dagli avvocati Silvana D’Ambrosi, Salvatore Giordano e Giovanni Pentangelo, fu arrestato nel settembre 2008 per tentata corruzione e per il possesso ingiustificato di 44mila euro in contanti, di cui ventiduemila restituiti in una prima fase e altri ventiduemila dopo la decisione dell’Appello. La cifra per la difesa e le testimonianze di alcuni parenti serviva all’acquisto di una casa, mentre per la procura avrebbe pagato una partita di stupefacenti. Al processo di primo grado fu sentito anche un collaboratore, Gerardo Baselice, che parlò di un pagamento di stupefacenti. De Vivo venne trovato in possesso di un plico voluminoso con all’interno 44mila euro, in banconote di vario taglio, e per evitare il sequestro, secondo l’accusa, ne offrì una fetta ai carabinieri intervenuti per un controllo. I militari lo arrestarono in flagranza di reato per istigazione alla corruzione, possesso ingiustificato di valori e ricettazione.

Durante il dibattimento dell’attuale procedimento, nel novembre 2009, De Vivo fu scarcerato per decorrenza dei termini, per poi tornare in carcere. Dopo pochi giorni fu catturato dai carabinieri. La misura riguardava l’omicidio Aziz, commesso in concorso con Vincenzo Confessore e Francesco Fezza. In precedenza De Vivo era finito in carcere per lesioni gravi dopo una “guardata”, coinvolto successivamente nel maxiprocesso Taurania quale esponente di spicco del gruppo criminale dei paganesi stabilmente insediato nel quartiere Lamia. Secondo alcuni collaboratori avrebbe avuto un ruolo anche nell’omicidio Venditti, dove è stato condannato solo Luigi Fezza.

(a. t. g.)

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