OPERAZIONE "EVOLUTION"

Pagani, così il clan reclutava gli “spicciatori”

I Casalesi nell’Agro avrebbero riciclato il 20 percento delle somme incassate e destinate alle famiglie dei carcerati

PAGANI - Dei circa 73 milioni di euro riciclati dal gruppo del casertano Giuseppe Guarino , da poco trasferitosi a Salerno, e dai suoi complici, circa il 20% sarebbe stato “ripulito” nell'Agro, dove si contano ben cinque indagati, uno dei quali è deceduto nel frattempo. L'operazione Evolution della Guardia di Finanza e della Dda di Napoli, che ha portato a 48 arresti nella giornata di lunedì, ha evidenziato come uno dei punti più importanti per riciclare i soldi a favore anche delle famiglie dei carcerati del clan dei Casalesi fosse proprio la provincia di Salerno. Nel capoluogo avrebbe operato Guarino, fratello di Luisa , moglie di Giacomo Capoluongo - fratello di Maurizio, elemento di spicco del clan di Michele e Pasquale Zagaria - . Qui, direttamente o indirettamente, avrebbe messo su un sistema per fare soldi con del denaro. Le società cartiere, quelle che producevano solo false fatture, le vendevano ad aziende compiacenti per far creare loro dei costi e quindi per pagare meno tasse.

Per giustificare le fatture le aziende versavano alle società cartiere i soldi. Ben 52 “spicciatori”, quelli che facevano i prelievi ai bancomat o agli sportelli di banche e uffici postali, li prelevavano, li consegnavano all’associazione per delinquere che le restituiva alle aziende, trattenendo una percentuale. E così il cerchio del riciclaggio si chiudeva. Il gruppo così com'era composto è riuscito con questo sistema a prelevare fino a 55mila euro al giorno. Lo “spicciatore” tratteneva per sé da 50 a 100 euro come “provvigione” per ogni prelievo che effettuava al bancomat del denaro.

Ad operare tra Sarno e Pagani c’era un gruppo folto. Nell’area del Saro ci sarebbero stati i fratelli Sebastiano Carmine Donnarumma di 23 anni, finito ai domiciliari, e il 22enne Antonio , sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. I due, assieme a un loro familiare, avrebbero movimentato circa nove milioni di euro trattenendo per loro il 2%. Gli inquirenti sospettano che Sebastiano Carmine Donnarumma, titolare di un'azienda di ricambi auto avrebbe movimentano otto milioni di euro. Il fratello Antonio, invece, avrebbe avuto un ruolo molto più limitato con prelievi al di sotto del milione di euro.

Tre i paganesi, invece, sono al centro dell'indagine. I due fratelli Piscopo (destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari) e Vincenzo Avino . I primi sarebbero stati in contatto con due elementi di rilievo dell'organizzazione che sono i casertani Armando Della Corte e Salvatore Prato (entrambi in carcere) che avevano a disposizione le batterie di “spicciatori”. In contatto con loro, i due della provincia di Caserta eseguivano prelievi di contante negli uffici postali di San Marzano sul Sarno e Castel San Giorgio.

(sdn)