Caso Fonderie

«Operai vittime del ricatto del lavoro»

Scontro al dibattito all’Eco Bistrot tra i dottori Loria e Crescenti sulle responsabilità del medico aziendale

SALERNO. «I lavoratori sono vittime del ricatto del lavoro. Se non li si coinvolgerà nella lotta, non si andrà da nessuna parte. L’Inail, delle loro malattie professionali non ne vuole sapere perché poi deve risarcirle. Il medico aziendale competente ha il compito di chiarire le criticità, ma è pagato dall’azienda che è il suo datore di lavoro, e ha la tendenza ad alterare o modificare i dati. Mentre l’Asl, grazie al decreto legislativo 81 del 2008 che ha sostituito la 626, deve solo vigilare». È una dichiarazione di guerra quella del dottor Stanio Loria, dirigente medico del servizio d’igiene di Medicina del lavoro dell’Asl Napoli 1.

Le sue considerazioni tuonano all’Eco Bistrot di Salerno dove ieri si è parlato di Fonderie Pisano all’incontro, moderato dal direttore de “la Città”, Stefano Tamburini: “Senza salute non c’è lavoro”. Le parole di Loria sono state immediatamente riprese dal collega Ferdinando Crescenti, direttore del dipartimento di Medicina del lavoro aziendale dell’Asl, accompagnato da Patrizia Pisano, una dei dirigenti dell’azienda. Crescenti replica, spiegando: «Faccio questo mestiere da trent’anni e non posso rimanere in silenzio mentre si mette in dubbio l’etica di miei colleghi. Bisogna andarci piano. Se ci sono criticità o inesattezze – ha poi aggiunto – vanno punite e sanzionate, senza poi contare che datore di lavoro e lavoratore hanno la possibilità del ricorso avverso al giudizio del medico competente».

Per Crescenti, «serve avere rispetto per la salute delle persone, ma anche il lavoro degli operai va tutelato ma occorrono dati scientifici per fare certe affermazioni. Nulla è da escludere, ma mi interesserebbe sapere quali sono i dati sull’incidenza tumorale, anche sui lavoratori delle Pisano e poi, mi sentirei in diritto di affermare che quelle 45 morti sospette possano essere ricondotte all’attività delle fonderie».

L’incontro si era aperto sulla dicotomia tra salute e lavoro prendendo come esempio i casi dell’Ilva di Taranto e delle Fonderie Pisano di Salerno. A fare gli onori di casa è stato Lorenzo Forte, portavoce del comitato “Salute e Vita” promotore dell’appuntamento. Al tavolo, fra i relatori, Giampiero Meo, consigliere legale di Greenpeace Italia; Fabio Torluccio, legale del comitato; i medici Paolo Fierro, vicepresidente di Medicina democratica; Fulvia Gravame del comitato Peacelink di Taranto; Chiara Brancaccio di Italia Nostra; Gennaro Avallone, ricercatore del dipartimento di Scienze politiche, sociali e della comunicazione dell’Università di Salerno ed infine due collegamenti via Skype con l’attore David Riondino, che ha portato i suoi saluti, e la giornalista Rosy Battaglia, titolare di un’inchiesta sulla questione Ilva di Taranto. Presente anche il responsabile Wwf della Campania, Piernazario Antelmi che in una lettera inviata al comitato ha manifestato la sua vicinanza. Nell’introdurre, il direttore Tamburini aveva sottolineato come «nelle tante storie in cui mi sono imbattuto ho trovato persone con sentimenti misti tra il terrore e il rimorso. Il terrore per le malattie, per sé e per i propri cari, e il rimorso per non aver fatto abbastanza per combattere questa battaglia. Posso dire che non devono averne. È stato merito del comitato se il caso è arrivato all’opinione pubblica, sostituendosi a chi doveva fare e non ha fatto».

Tamburini ha poi aggiunto: «Non ho mai visto, in nessuna realtà la presenza di un sindacato monopolista. Si ha così una forte confusione dei ruoli che ha portato in più occasioni la Cgil a rispondere alle accuse, portate da Procura e Arpac contro l’azienda, quasi come un ufficio stampa della proprietà». Forte invece si è soffermato sulla «farsa» del consiglio comunale di martedì rinnovando poi l’invito al presidente Vincenzo De Luca a far partire lo studio epidemiologico nella Valle dell’Irno. «La maggioranza, dopo l’ennesima passerella del sindaco – ha accusato Forte – ha continuato a stare zitta, facendo approvare un documento di solidarietà oramai inutile».

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