Omicidio Aziz-Cascetta: tre ergastoli

Per l’agguato del 2008 a Pagani sono stati condannati Vincenzo Confessore, Francesco Fezza e Andrea De Vivo

PAGANI. Ergastolo per Vincenzo Confessore, Andrea De Vivo e Francesco Fezza, ritenuti colpevoli del duplice omicidio, aggravato dal metodo mafioso, del tunisino Benaziz e di Sandro Cascetta, eseguito il 18 agosto 2008. I giudici della Corte d’Assise di Salerno, presidente Giancarla D’Avino, hanno accolto la requisitoria del pubblico ministero della procura distrettuale antimafia, Maurizio Cardea, disponendo per i tre imputati un anno di isolamento, l’interdizione dalla patria potestà e dai diritti civili, quindicimila euro ciascuno di provvisionale immediata con novanta giorni per il deposito della motivazione.

La sentenza chiude tre anni di processo, col blitz del novembre 2009 che individuò i tre imputati quali esecutori materiali del delitto, gruppo di fuoco del clan Fezza-Petrosino D’Auria. Quel giorno di agosto, poco dopo le 18, il commando eseguì una vera e propria azione di guerra in piazza Corpo di Cristo, a Pagani, esplodendo 24 colpi contro Aziz e Cascetta, entrambi morti, e Davide De Felice, unico ferito. I tre killer condannati, capi dello spaccio sul territorio per il clan della Lamia, erano a bordo dello stesso scooter, mentre un secondo mezzo servì a coprire la fuga. Ai funerali del tunisino comparvero le corone di fiori a nome dei Fezza, Petrosino D’Auria e Sorrentino.

Decisiva per la condanna è stata la testimonianza di Domenico Califano, autista di Confessore, pentito in grado di fornire le indicazioni sull’agguato, ma anche i racconti di Gerardo Baselice, custode delle armi, di Vincenzo e Alfonso Greco, padre e figlio, vertici del clan di Sant’Egidio, e dello scafatese Eliodoro Santonicola, che conosceva la potenza del clan paganese. Il movente lega l’azione criminale al diverbio avvenuto la sera prima del delitto tra Aziz e De Vivo, col tunisino che schiaffeggiò il figlio del defunto boss Aniello De Vivo, alias ’o russ’.

Francesco Fezza, figlio di Salvatore Fezza, ucciso nella faida interna alla Nuova famiglia, è l’altro erede del gruppo, nipote del boss Tommaso Fezza alias ’o furmaggiaro.

Il processo chiuso ieri in primo grado riguarda la sola fase esecutiva, senza tracce dei mandanti. Nonostante l’iscrizione nel registro degli indagati di tre persone comunicata dal pm all’atto della requisitoria per favoreggiamento, la ricostruzione del delitto Aziz per certi aspetti si accosta al processo Taurania. Anche in quel caso la procura non individuò i capi, con un enorme vuoto intorno al vecchio boss Tommaso Fezza, che allora beneficiava dei domiciliari. Come per l’omicidio Venditti, anche per Aziz manca l’ordine di morte. E se la cosca paganese viene divisa nell’ala militare dei Fezza e in quella decisionale dei Petrosino D’Auria, il composito puzzle investigativo potrebbe riservare nuovi sviluppi.

La famiglia Petrosino D’Auria, rimasta fuori dal processo Taurania, coinvolta pesantemente nel procedimento Linea d’ombra insieme al politico Alberico Gambino, è comparsa nel caso Aziz solo in ultimissima battuta, col nome di Antonio Petrosino, uno dei tre indagati per favoreggiamento aggravato. Il più giovane dei due fratelli, attualmente in carcere, per quattro pentiti era il capoclan, indispensabile per tutte le decisioni paganesi.

Alfonso T.Guerritore

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