IL FATTO

Omicidio Autuori, confermato il carcere

Respinti in Cassazione i ricorsi di Ciccio Mogavero, Cecere, Di Martino e il boss Mallardo

PONTECAGNANO FAIANO - «Infondato e passibile di rigetto », così i giudici della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso di mandanti ed esecutori dell’omicidio di Aldo Autuori , commesso a Pontecagnano il 25 agosto di cinque anni fa. In questi giorni sono state pubblicate le motivazioni di rigetto della Prima sezione penale del «palazzaccio”, presieduta dal giudice Filippo Casa . Agli ermellini si erano appellati Francesco Mogavero , detto Ciccio, (difeso dagli avvocati Massimo Torre e Paolo Toscano ), indicato dalla Dda di Salerno (pm Rocco Alfano e Marco Colamonaci ) come il mandante dell’omicidio, Luigi Di Martino , che avrebbe curato l’individuazione dei killer, il boss Francesco Mallardo , dell’omonimo clan di Giugliano in Campania, e il sodale della stessa consorteria camorristica, Stefano Cecere , che avrebbe - secondo l’accusa - agevolato il collegamento tra Di Martino e Antonio Tesone , alias “l’uomo della masseria”, esecutore materiale dell’omicidio, unitamente a Gennaro Trambarulo . Tra i mandanti, la Procura di Salerno indica anche i gemelli di Montecorvino Pugliano, Enrico e Sergio Bisogni .

Gli appellanti chiedevano l’annullamento dell’ordinanza del tribunale del Riesame di Salerno, per il quale, in riferimento soprattutto alle posizioni degli indagati napoletani, «se il Di Martino viene individuato quale partecipe al suddetto omicidio, è chiaro che tutti coloro che entravano in contatto con lui in detto ambito temporale e che avevano con lui incontri preannunciati o seguiti da conversazioni criptiche e fugaci, vengono parimenti attinti da gravi indizi di colpevolezza, specie se indicati dallo stesso collaboratore quali mandanti, come, appunto, avviene per Mogavero».

Il quadro probatorio, secondo i giudici, è irrobustito dalla dichiarazioni del collaboratore Sabino De Maio circa le confidenze di Enrico Bisogni raccolte in carcere sull’omicidio di Autuori, connesso all’atteggiamento serbato dall’autotrasportatore ucciso che, tornato in libertà dopo un lungo periodo di detenzione, aveva provato a reinserirsi nel settore dei trasporti su gomma con metodi prepotenti, e si era ricolto - scrive la Cassazione - in modo arrogante anche nei confronti di due persone vicine a Mogavero e ai gemelli Bisogni. I giudici della Corte di Cassazione confermano la fondatezza dell’impostazione accusatoria e gli elementi di prova, soprattutto la sequenza sistematica di sms, gli squilli e le conversazioni telefoniche, anche se con un linguaggio criptico. Per i giudici: «non lasciano spazio ad interpretazioni logicamente alternative a quella accusatoria».

(m.l.)