L'EDITORIALE

Oligarchi e potere, ora serve cambiare

Si torna al voto, dunque, nel Salernitano: da oggi a domani pomeriggio venti Comuni sono chiamati a rinnovare il Consiglio, con l’elezione di altrettanti sindaci. Un necessario e doveroso esercizio di democrazia in un panorama nazionale dove la classe politica - di Governo e opposizione - sembra più propensa ad attardarsi spesso in fumose polemiche che concentrarsi, senza demagogie, sui problemi reali dei cittadini. Una esercizio di dissimulazione, che non tiene per nulla in conto il doveroso rispetto nei confronti del Paese e dei suoi cittadini. Ecco perché il voto nei Comuni - dove è più stretto e diretto il rapporto tra candidati ed elettori - è spesso ritenuto un’utile strumento di valutazione del gradimento della classe politica locale.

Almeno teoricamente. Perché nel concreto, anche nei nostri territori - dal piccolo paese ai centri più grandi - si fa sempre più profondo il solco tra chi amministra e coloro che vivono nella loro quotidianità la negazione sistematica dei diritti costituzionalmente garantiti. A cominciare da quello fondante della nostra Repubblica, il lavoro, passando per la salute, piuttosto che le pari opportunità, la tutela dell’ambiente, la libertà d’impresa, l’istruzione, la giustizia sociale. Solo per fare qualche esempio.

E questo probabilmente perché, malgrado tutto e i diversi posizionamenti, la classe politica che si accinge a misurarsi nelle urne in queste elezioni amministrative è sostanzialmente sempre la stessa; oppure diretta emanazione di quella ristretta oligarchia che fonda la sua sopravvivenza sulla gestione clientelare delle risorse pubbliche, sull’occupazione sistematica di ogni spazio di potere per dispensare aiuti o favori. Una classe politica inadeguata alle nuove sfide, propensa più alla conservazione del proprio status e al familismo che a favorire la crescita e la formazione di nuove, autonome figure a cui affidare il governo delle città e, dunque, il futuro del Paese.

Una palude, insomma, dalla quale le menti più brillanti, i giovani più capaci, si tengono precauzionalmente (o colpevolmente) alla larga. Ecco perché ora più che mai è necessario un ricambio generazionale, una nuova visione del mondo che superi la perenne stagione del feudalesimo comune a molte realtà della nostra provincia. Uno scatto in avanti obbligato per chi governa le nostre città e chi ambisce a farlo.