«Ogni giorno per noi è il cinque maggio» 

Il dolore di sopravvisuti e familiari degli scomparsi durante la frana del 1998 «Non bastano le celebrazioni, un minuto dopo hanno già tutti dimenticato»

SARNO. Venti anni esatti dalla tragedia del fango. Ma, per i sopravvissuti, il “cinque maggio” è ogni giorno. Un evento che non potrà mai essere cancellato né dalla memoria né dal cuore di quanti, quella notte del 1998, si ritrovarono al buio, fuori dalle loro abitazioni, senza vestiti, aggrappati alle ringhiere delle case che avevano retto, arrampicati sui tetti che non erano crollati in cerca di una luce nella quale rifugiarsi in tutta quella coltre nera. Quei tragici momenti sono impressi, minuto per minuto, nella mente di Teresa, la donna diventata un po’ il simbolo della tragedia e della lunga battaglia post-frana.
Teresa Vitolo, il 5 maggio del 1998, ha perso suo marito e suo figlio e mai potrà rassegnarsi all’idea che una “bestia nera”, all’improvviso, gli abbia sottratto una parte del suo cuore a così pochi passi da lei. Teresa è sempre stata in prima linea ed ha combattuto per rivendicare ciò che sarebbe dovuto spettare ad una vedova reduce da quella catastrofe. Ma, dopo vent’anni, tutto e niente sembra essere cambiato, la burocrazia italiana le sta dando ancora filo da torcere. «Sono stanca, delle volte mi chiedo chi mi dà tutta questa forza per lottare. Spesso vorrei mollare tutto e rinchiudermi nel mio dolore - dice Teresa con la voce tremante - ma poi continuo a combattere. La cosa che mi ha sempre indignato più di tutte, durante tutti questi anni - aggiunge - è la farsa che verrà messa in scena in questa giornata, durante la quale tutti sembrano ricordarsi di quanto accaduto per poi dimenticarlo alla fine delle celebrazioni, quando toglieranno le loro “alte uniformi”. Noi, il dolore lo portiamo dentro ogni istante della nostra vita, purtroppo segnata in maniera tremenda da quelle ore di terrore».
E qui tornano alla mente le immagini della giornata del fango. «Ogni giorno porto i fiori sulla tomba di mio figlio e di mio marito. Io ricordo tutto di quella notte, minuto per minuto - aggiunge Teresa - potrei raccontarvi ogni singolo dettaglio, ogni singolo rumore o sensazione che mi ha fatto cadere nel baratro. Ma sono cose che porto dentro e che perpetuano un dolore silente, che cerco di combattere con il mio sorriso, quello che ho messo sulla maschera che indosso ogni giorno. Una cosa ci tengo a precisarla, però, verso quanti saranno seduti tra i banchi della chiesa o sfileranno durante i cortei e depositeranno fiori - conclude Teresa – Ci avete mai chiesto di cosa davvero abbiamo o avevamo bisogno? Cosa ci è mancato in questi anni? Cosa ci manca ancora? Purtroppo la risposta è semplice e domani (oggi, ndr.) sarà facile nascondere tutto dietro l’ufficialità delle celebrazioni che, a mio parere, andrebbero fatte nel silenzio. Ogni anno vorrei sottrarmi, ma poi sto a casa e sto ancora più male, quindi mi stringo forte ed insieme al mio carico esco e prendo parte alla messa, anche se in quel momento vorrei soltanto scomparire».
Le lacrime non si risparmiano mai quando si toccano questi argomenti ed anche le condizioni climatiche sembrano rispecchiare quelle di venti anni fa, rendendo ancora più vero e difficile questo momento di memoria. Anche per Antonio Milone, presidente dell’associazione “Parenti delle vittime”, il ventennale, l’anniversario e le celebrazioni non esistono. «Il cinque maggio, per noi, è ogni giorno», sottolinea. Da sempre in prima linea nelle battaglie per la ricostruzione e nelle intricate vicende del post frana al fianco delle vittime, Milone si pone e pone degli interrogativi su quanto è stato fatto in questi 20 anni, per capire se è davvero stato giusto ciò che è stato realizzato. Infatti afferma: «Oggi non abbiamo il quadro di quello che era la vecchia Episcopio, fatta di case ottocentesche – spiega Milone - Oggi abbiamo solo il nuovo volto nel lotto dove sono state ricostruite le abitazioni a partire dal 2003. Ma è stato giusto ricostruire negli stessi luoghi della tragedia? Non si poteva dare ai cittadini la possibilità di acquistare con quei soldi una casa in un altro posto della città evitando, quindi, nuovamente il carico urbanistico in zona?». Interrogativi che non si sa se potranno mai avere una riposta concreta, definitiva e veritiera. Ma, a vent’anni da quella notte, sono ancora tanti i lati oscuri della vicenda e continuano a complicare l’esistenza dei parenti delle vittime.
Maria Manzo
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