VERSO LE REGIONALI

«Nuovo Pd, Zingaretti faccia chiarezza»

L’ex Rettore Pasquino: un accordo con i 5 Stelle in Campania sarebbe utile

«In Campania c’è da fare chiarezza rispetto al nuovo partito che il segretario Nicola Zingaretti vuole portare avanti. E compete proprio a lui chiarire il ruolo che deve avere la classe dirigente campana». L’ex rettore Raimondo Pasquino , all’indomani del risultato elettorale in Emilia Romagna e in Calabria, fa l’analisi del voto, con un occhio di riguardo proprio verso la Campania, dove tra qualche mese si voterà per il Consiglio regionale.

Il voto era anche un test per la Campania. Cosa emerge?

Che Zingaretti deve dire con chiarezza cosa vuole fare. E soprattutto dove vuole collocare il suo partito in termini valoriali: nella sinistra moderata oppure in quella estrema.

C’è da fare chiarezza anche sul nome del candidato presidente, sia a destra che a sinistra...

Nicola Oddati ha invitato a ripartire da De Luca. E questo è un problema di Zingaretti, non del singolo cittadino.

Si parla anche della possibile alleanza tra Pd e 5 Stelle. Alla luce degli ultimi risultati elettorali è ancora possibile?

Ho sempre considerato quest’alleanza positiva, per affrontare il centrodestra che, com’è attualmente articolata, non è liberale ma sovranista. E che ci aveva fatto quasi uscire dall’Europa, in quanto non dà una prospettiva futura ma soltanto una dimostrazione di saper occupare gli spazi lasciati da chi non riesce a mostrare ai cittadini la propria espressione di governo.

Il centrosinistra vince in Emilia Romagna ma perde in Calabria...

In Emilia Romagna avevo previsto lo scatto d’orgoglio della sinistra storica che si è mobilitata per non mancare all’appuntamento, perché per loro rappresentava la Stalingrado della battaglia. Una mossa vincente è stato candidare Bonaccini, che veniva individuato come un amministratore vecchia maniera, corretto e lineare. Alla stessa stregua delle dichiarazioni di Zingaretti, che ha ringraziato, prima del risultato, il movimento delle Sardine, per lo stimolo all’impegno corale e a una partecipazione dei giovani. E ha promesso di allargare la partecipazione al Pd. E questo, nella liturgia dei partiti, ha un grande significato perché di solito i partiti sono gelosi delle loro prerogative. Perciò aprire alla società civile, ai movimenti e in particolar modo alle sardine, ha dato credibilità per una ripresa della partecipazione attiva dei cittadini attraverso i corpi intermedi.

In Calabria, al contrario, il centrodestra ha fatto il pieno.

Anche questo risultato era scontato, in quanto lo sforzo fatto dal Pd, che ha mandato un giovane dirigente campano, Stefano Graziano, a fare il commissario, ha permesso al partito di cambiare registro. Hanno costretto il presidente uscente Oliverio a mollare la presa. Così i cittadini calabresi si sono ritrovati con un partito diverso rispetto a quello che aveva vinto le elezioni 5 anni fa. Il fatto che il Pd abbia capito che bisogna rinnovarsi, per avere una classe dirigente in grado di affrontare i problemi di una modernizzazione e di un adeguamento in una terra così trascurata, ha significato anche sposare quello che è un aspetto della politica: non bisogna vincere sempre, si può anche andare all’opposizione.

Lei, quindi, dà un significato positivo anche alla sconfitta del centrosinistra in Calabria?

Sì, perché in una situazione di grande volatilità del voto, bisognava mettere in conto una sconfitta. Non si può sempre rincorrere l’elettorato che va cercando il gestore del potere. E, infatti, in questa occasione la destra ha vinto con un distacco molto grande, rispetto al Pd che in una certa misura è rimasta da sola competere.

La Lega, intanto, continua a crescere.

In Campania la Lega raccoglie consensi ma i dirigenti se l’è portati dal Nord. La Lega sta facendo un’occupazione territoriale, che serve per dire che è un partito nazionale ma, in realtà, raccolto il consenso poi lo gestisce con la sua classe dirigente. E questo, certamente, non è un aspetto positivo per i territori del Sud.

Il Movimento 5 Stelle, invece, è in caduta libera…

Innanzitutto la sua classe dirigente si è dimostrata non capace di governare processi complessi come sono i ministeri. E poi qualcuno pensava che con il reddito di cittadinanza ci sarebbe stata una fidelizzazione delle classi bisognose. E le divisioni interne hanno completato questa disgregazione.

Gaetano de Stefano