Nuovi indagati per gli affari di Scarano

I salernitani sotto inchiesta sfiorano quota settanta. Nel mirino i lavori alla casa per anziani e un accertamento fiscale

Ci sono nuovi indagati e nuovi filoni d’inchiesta per gli affari salernitani di monsignor Nunzio Scarano. Un’attività di indagine che va ben oltre lo scambio tra soldi e assegni circolari, avvenuto nel 2009 e costato al prelato e ad altre 56 persone l’accusa di riciclaggio. L’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Elena Guarino si sta aprendo a raggiera, approfondendo tutti i rapporti del religioso e allungando la lista degli indagati fino a sfiorare le settanta persone. Sotto i riflettori è finito anche un accertamento per un’evasione fiscale addebitata al prelato, che secondo gli inquirenti potrebbe essere stato insabbiato. Poi ci sono i lavori di ristrutturazione alla casa per anziani del centro storico, finanziati dagli armatori D’Amico e di cui Scarano fu il deus ex machinanella qualità di esecutore testamentario per il lascito destinato da Antonio D’Amico alla struttura gestita da Salerno Solidale. L’altro ieri il magistrato ha raccolto negli uffici nel nucleo tributario della Guardia di Finanza, a via Indipendenza, la deposizione di Cristina D’Amico, impegnata nel ramo finanziario della holding di famiglia. Intercettata in alcune conversazioni telefoniche con il monsignore, ma non indagata, la donna è stata ascoltata come persona informata sui fatti per le affermazioni del sacerdote che la avrebbero coinvolti in alcuni affari, dei quali ha però spiegato di non sapere nulla.

Il sostituto procuratore ha voluto ascoltare di nuovo anche Massimiliano Marcianò, l’imprenditore romano che ha svelato agli inquirenti i legami del monsignore parlando di lingotti d’oro e segreti contabili. Il magistrato salernitano lo ha sentito per la seconda volta per avere ulteriori chiarimenti sui meccanismi finanziari dell’Apsa e dello Ior, in attesa che dal Vaticano arrivi il via libera alla rogatoria su tutti i conti correnti di Scarano. L’accesso dovrebbe essere aperto da un momento all’altro. Le diplomazie si sono mosse e il procuratore Franco Roberti ha ottenuto la promessa che la rogatoria ci sarà. Per questo si è deciso di rinviare l’interrogatorio previsto per ieri. Prima di ritrovarsi faccia a faccia con il sacerdote il sostituto procuratore Guarino vuole avere in mano le carte della sua contabilità, dalle quali attingere non solo i nomi di chi eseguiva i bonifici ma anche la lista delle uscite, per capire dove quei soldi andavano a finire. I documenti messi a disposizione dal monsignore sono giudicati insufficienti, perché non tracciano tutto il percorso del denaro e perché gli inquirenti sospettano che oltre ai due conti Ior venuti alla luce – e a quelli nelle banche italiane già scandagliati dai finanzieri dal tenente colonnello Mancazzo – ve ne siano di altri, una sorta di piramide fatta di “sottoconti” cifrati ai quali si accede solo con i codici giusti. La Procura conta di poter avere le carte prima di fine mese, e ha fissato al 27 agosto il nuovo interrogatorio. Intanto don Nunzio ha scritto ieri sera una nuova lettera al Papa dopo le parole di condanna pronunciate da Bergoglio al rientro dal Brasile. «Sono solo un capro espiatorio» ha messo nero su bianco, tornando a dire che le responsabilità vere sono da ricercare ai livelli più alti dello Ior e dell’Apsa, l’organismo di amministrazione dei beni della Santa Sede, di cui è stato contabile. La censura del Pontefice lo ha gelato. «Sta molto male, ha problemi di salute» spiega l’avvocato Silverio Sica, che ieri è andato a trovarlo nel carcere di Regina Coeli e che oggi potrebbe depositare una richiesta di scarcerazione per motivi di salute. Il sacerdote avrebbe espresso la convinzione che Papa Francesco non abbia ancora letto la sua prima lettera, e ai suoi avvocati ha consegnato una fotografia che li ritrae insieme in una stretta di mano: «Prendetela pure. Se il Papa avesse avuto di me un concetto così negativo, non credo che mi avrebbe dato la mano».

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