«Non muore mai chi resta nel cuore» 

Gli amici salutano per l’ultima volta Matteo Rinaldi con una sua frase scritta per un’amica

«Non muore mai chi resta nel cuore». Parola di Matteo Rinaldi, il diciassettenne che ha perso la vita sull’asfalto di viale della Libertà. È l’ultima frase d’un messaggio che il giovane aveva scritto per recare sollievo a una ragazza che aveva subìto una perdita in famiglia, e nel giovedì pomeriggio più silenzioso di sempre, nella parrocchia “Santa Maria del Carmine”, quelle parole, rilette da un amico, toccano migliaia di cuori straziati.
La chiesa è gremita. In prima fila c’è papà Andrea. In silenzio l’uomo fissa quella piccola bara: poco più di due anni fa, allo stesso posto, c’era il feretro con il corpo della moglie Maria Pia, e Andrea abbracciava suo figlio. Ora l’ampia aula liturgica della chiesa del rione Stella è troppo piccola per accogliere i tanti amici del «ragazzo al quale non si poteva non voler bene»: lo dice don Paolo Castaldi, curato della “Sant’Antonio” di Serroni e parroco di Christian, il giovanissimo che sabato era sulla moto insieme all’amico che s’è spento. «Nessuna delle parole che dirò sarà quella giusta», esordisce il prete, ma poi invita i ragazzi a vivere la vita «con lo sguardo rivolto al cielo per contemplare l’eternità». C’è un silenzio spettrale mentre Guida, la catechista, proclama la pericope tratta dal primo Libro dei Re, che racconta di Elia che resuscita il figlio della vedova di Sarepta. Poi il don parla di Matteo, del suo amore per la chitarra, per la moto e per i manga, del suo passato da chierichetto, dell’attenzione che dedicava a chi aveva bisogno d’essere ascoltato.
Negli occhi lucidi dei ragazzi c’è un dolore che non svanirà più: c’è un prima di sabato e c’è un dopo che ha cambiato per sempre quelle giovani vite. Quelle dei ragazzi della quarta b del “Perito-Levi” di Eboli, che parlano «degli abbracci di Matteo, del casco riposto sul banco, delle trovate filosofiche e dei caffè con la sigaretta». Quella di Eli, la cuginetta che saluta il suo «fratellone». I ragazzi vestiti di nero rompono il silenzio con canti e melodie: è il coro del “Perito” che anima la messa. L’ultima sinfonia è “Halleluja” di Leonard Cohen: «E anche se è andato tutto storto, mi ergerò davanti al Dio della Canzone e dalle mie labbra altro non uscirà che Alleluja!», cantano i giovani, e il singhiozzo d’una città risuona nella chiesa.
La bara viene portata all’esterno e migliaia di giovani lasciano andare i palloncini bianchi al cielo. Verso l’eternità, verso Matteo, perché «non muore mai chi resta nel cuore».(c. l.)
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