«Non ho niente a che fare con la camorra»

Pagani, Michele Petrosino D’Auria davanti al giudice: respinte le accuse mosse dall’Antimafia

PAGANI. Niente a che fare con le accuse di camorra, nessun affare col fratello Antonio e solo rapporti istituzionali con i politici.

Così ieri mattina il dirigente-dipendente del consorzio di Bacino Michele Petrosino D’Auria ha spiegato la sua estraneità ai fatti contestati durante l’interrogatorio di garanzia celebrato davanti al gip De Simone.

Il paganese difeso dagli avvocati Bonaventura Carrara e Silverio Sica ha spiegato di lavorare onestamente da anni, fuori da qualunque coinvolgimento illecito, rigettando tutte le contestazioni mossegli dalla procura antimafia, a partire dal ruolo di collettore tra amministratori e delinquenti in forza al clan che porta il suo cognome. Michele Petrosino D’Auria si era consegnato al casello autostradale di Angri lunedì scorso, con i carabinieri di Napoli a prenderlo in consegna, dopo giorni di investigazioni approfondite svolte dai militari del reparto investigativo provinciale di Salerno e dal reparto territoriale di Nocera.

Le ricerche avevano passato al setaccio legami amicali e parentali, eseguendo ripetuti controlli per chiudere il cerchio.

D’Auria era scappato il diciannove dicembre con una fuga all’alba, restando fuori zona per le feste di Natale, con una caccia aperta nei suoi riguardi. Poi, qualche giorno fa, come emerso anche dalle intercettazioni, ha deciso di consegnarsi alle autorità per rispondere delle accuse gravi contestate.

Insieme al fratello Antonio, Michele Petrosino è l’unico destinatario della restrizione carceraria, individuato da pm e gip quale esponente di punta del sistema criminale ricostruito negli anni d’oro della Pagani gidata dall’allora sindaco Alberico Gambino.

Michele si era fortemente attivato in politica al fianco proprio di Alberico Gambino e Massimo D’Onofrio, lavorando da dirigente nel consorzio di Bacino, fino a rispondere delle accuse di scambio elettorale politico mafioso nel processo “Linea d’ombra”.

In primo grado è stato assolto insieme al fratello. L’indagine “Criniera” punta con forza sui due figli del boss Gioacchino Petrosino D’Auria, a sua volta sodale del boss Tommaso Fezza, individuando circostanze di reato comprese tra le estorsioni aggravate, gli scambi illeciti, le corsie preferenziali negli appalti e l’esistenza di una rete di assistenza e sostegno all’interno del clan della Lamia.

(a. t. g.)

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