Non è cenone se non c’è il pesce

Spaghetti con le vongole, linguine con gli scampi, frittura, baccalà all’insalata: i piatti tipici della vigilia

Crisi o non crisi, la regina della tavola del cenone della vigilia di Natale rimane lei, la vongola. A pochi giorni dal suo trionfo, nelle strade, sui bus, nei negozi non si parla d’altro, il menù natalizio è al centro delle conversazioni di tutti e la domanda che più si sente sulle bocche dei salernitani - in realtà soprattutto delle salernitane, maggiormente interessate affinchè tutto fili liscio in cucina - è senza dubbio: “Cosa mangiamo?”. La risposta è ovvia, almeno per quanto riguarda il 24 dicembre: pesce. La tradizione è ancora forte, almeno sulla tavola, e nessuna famiglia, qualsiasi sia il suo reddito mensile, rinuncerà alla classica “fritturina”, un “must” senza tempo, o al gustoso spaghetto con le vongole, anzi a vongole, così come si usa dire dalle nostre parti, accessibile ancora a tutti, o quasi. Ma si sa, i tempi non sono dei migliori, e così in molti – e sono gli esperti del settore a dirlo, i pescatori e i rivenditori – in questo Natale 2012 opteranno per il cugino “povero” della vongola verace (di provenienza per lo più tunisina), ossia il lupino, “comunque ottimo e profumatissimo”, a detta di Alfonso Di Lorenzo, direttore del mercato ittico all’ingrosso di via Mecio Gracco dove in questi giorni, come tutti gli anni di questi tempi, c’ è particolare fermento in vista dei due grandi appuntamenti dell’anno, la vigilia di Natale e quella di Capodanno. C’è da sottolineare che sui banconi del mercato, più il consumatore finale perde potere d’acquisto, più aumentano i prodotti di importazione in quanto quelli locali sono notoriamente più costosi. Al momento il pesce che si vende a Salerno è per il 50 per cento di produzione mondiale, per il 30 per cento di acquacoltura e solo il restante 20 per cento consiste nel pescato locale, la cui reperibilità è principalmente legata alla stagionalità e alle condizioni meteorologiche. «E nonostante ciò – spiega Di Lorenzo – per un cenone “basic” per dieci persone non si spende meno di cento euro in pesce». I costi salgono notevolmente se ai classici frutti di mare e alla frittura si sostituiscono crostacei come gli scampi, perfetti con le linguine al sugo, o prodotti più chic quali aragoste (vendute all’ingrosso anche a 40 euro al chilogrammo in questo periodo), astici, pezzogne e cernie, che non vengono vendute a meno di 25 euro al chilo e per questo non certo alla portata di tutte le tasche. In auge, quest’anno, anche orate e spigole che non superano i 6-7 euro al chilo, solo se allevate. Rimane amatissimo il baccalà, una cui pala (“scella” per gli amanti della tradizione più verace), al mercato all’ingrosso viene venduta a circa dieci euro al chilo ma nelle pescherie può arrivare a costare anche 17 euro. Snobbato, invece il capitone che, ormai, non si trova quasi più, né nelle pescherie, né tantomeno sulle tavole dei salernitani. «In alcuni punti vendita sono scomparse addirittura le vasche che li contenevano – racconta Di Lorenzo – perché sono “articoli” che non vanno più di moda».

Fiorella Loffredo

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