Il racconto

Noi, tutti figli di Furio nel viaggio impossibile da bollino rosso

Tutte le nostre infallibili ricette per evitare le solite code, ma raggiunta la meta sognata la vacanza è quasi finita

Diciamoci la verità, siamo tutti figli di Furio che programma il suo viaggio e chiama l’ACI. È ora di partire, abbiamo le nostre infallibili ricette: mi metto in macchina all’alba, no al tramonto perché guidare di notte mi rilassa; meglio alle tre del pomeriggio con 38 gradi, nell’era dei condizionatori il caldo è solo per gli ipocondriaci che pensano che l’aria fredda faccia male; parto di lunedì o di giovedì così non trovo traffico; ma no, ormai la storia del bollino rosso è un tattica di dissuasione, nei giorni in cui è previsto traffico si cammina meglio. Come San Siro è la Scala del calcio, la Salerno-Reggio Calabria è la Scala del traffico. Che poi, se la fila la fai in direzione Reggio allora in fondo la sopporti. È una coda piena di speranza: di tuffi e di bagordi, di relax, di sveglie a mezzogiorno e di granite all’imbrunire. Se, invece, la fai verso Nord, al primo intoppo diventi subito nervoso: è un calvario sudaticcio che ti fa pensare ai lunedì mattina, alle scadenze e a quel collega, il più antipatico di tutti, che ha ancora qualche giorno perché lui è furbo e si mette tardi in ferie.

Nei giorni da bollino rosso, ogni chilometro percorso senza intoppi è benedetto. Se sfrecci a Battipaglia, senti con soddisfazione l’Onda verde che t’informa sul tempo di attesa per passare il Brennero, sulle due ore previste per l’imbarco a Villa San Giovanni, sui chilometri di coda tra Roncobilaccio e Barberino del Mugello. Poco importa se sofisticati sistemi di rilevazione minacciano multe salatissime. Sei come Vittorio Gassman ne Il sorpasso, pensi che il mondo è tuo, che nessuno può frapporsi tra te e la tua promessa spiaggia. Il fatto è che, se pecchi di quella vanagloria tipica dell’autista intelligente a tutti i costi, sei un illuso senza speranze.

La nemesi è dietro la prossima curva. Prima di Eboli, comparirà il formicaio di macchine con le quattro frecce accese. E i gas che esalano dal catrame già rovente alle nove del mattino offuscheranno la tua vista. Ora che hai smesso di essere il più scaltro della terra, inizi a notare quei portabagagli: teste di cani e di bambini che salutano, buste, sedie, valigie, remi e canotti da gonfiare. Portapacchi traballanti e gravidi di canoe, divani e bicilette. Roba che uno sfratto di casa, a confronto, è una passeggiata di salute. Provi a fermarti in Autogrill per ammazzare il tempo, ma sembra Città del Messico all’ora di punta. I dipendenti alle casse sono in tenuta antisommossa, ti passa anche la voglia di prendere quei gadget che solo lì puoi reperire: la rana che gracchia con le pile indistruttibili, gli accessori per telefonini, i libri sulle diete, le casse di vino a basso costo. Ti rimetti in auto con la recondita speranza che quella coda sia stata solo un brutto incubo. Invece niente. Percorri la rampa di accelerazione e superi a destra qualche station wagon, t’illudi di aver guadagnato un po’ di metri. Basta poco, e sei di nuovo fermo. Tutto intorno è un vomito di pargoli e un borbottio di radiatori. Senti un cattivo odore che conosci bene e tiri u. n sospiro di sollievo quando capisci che non è la tua frizione. Hai già ascoltato tutte le notizie del giornale radio che si ripetono immutabili tra i tre canali RAI. Se te n’è sfuggita una, e magari è proprio quella che ti interessa, ecco che arriva inesorabile una lunga galleria da cui uscirai durante la pubblicità.

Cerchi di capire di quale morte stai morendo, solidarizzi con chi, davanti a te, scende per informarsi sulla causa di quel blocco. Guardi interrogativo gli sbandieratori dell’Anas che mantengono il segreto col sadismo di chi ti augura di restare per ore imbottigliato, mentre loro si spaccano la schiena in autostrada. E dopo aver percorso due chilometri in tre quarti d’ora, senti affiorare quel tuo impeto da serial killer mai sopito veramente. Ma ecco che la marcia riprende. Così, senza un perché. A quel punto, quasi inconsciamente, punti la Toyota che ti affianca e inizi a fare lo zig zag cercando di guadagnare qualche metro tra le file. Si sa: quella più veloce è sempre l’altra. Ora sorridi compiaciuto: la Toyota è molto indietro, la mossa è stata acuta. Inizi conteggi sofisticatissimi per calcolare l’ora d’arrivo, ci credi. Sei addirittura allo svincolo di Polla. Nuovo ingorgo. La Toyota ti sorpassa a passo d’uomo e con un ghigno, tu non riesci a fare un metro perché praticamente è tutto fermo. Davanti a te c’è il tipo umano assai impaziente che, appena percepisce un movimento minimo, riparte tamponando chi è davanti. Quindi discussioni, scambi di assicurazioni e di: questa botta c’era già, ti ho sfiorato appena; ma che stai dicendo, me l’hai fatta tu, l’ho ritirata ieri dal carrozziere. Dopo molto sudore, qualche improperio, una processione infinita e mille peripezie, arrivi al mare che il bollino rosso ce l’hai stampato in testa. Hai una settimana. Ci metti un giorno per riprenderti dal viaggio, tre per recuperare da un anno di lavoro, altri due per fare il conto alla rovescia su quanto manca alla ripresa del turno di servizio e l’ultimo per preparare di nuovo le valigie.

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