CASTELLABATE 

“No” del giudice ai domiciliari Il marito omicida resta in cella

CASTELLABATE. Resta in carcere Liberato Miccoli, accusato dell’omicidio di sua moglie, Angela Della Torre, avvenuto nel 2015, in località San Pietro a Castellabate. Ieri mattina, presso il tribunale...

CASTELLABATE. Resta in carcere Liberato Miccoli, accusato dell’omicidio di sua moglie, Angela Della Torre, avvenuto nel 2015, in località San Pietro a Castellabate. Ieri mattina, presso il tribunale di Vallo della Lucania, si è svolta l’udienza preliminare durante la quale il giudice Lamberti ha rigettato le richieste dell’avvocato Leopoldo Catena, legale del 55enne.
Questi, in particolare aveva richiesto di concedere al suo cliente il regime degli arresti domiciliari; inoltre aveva fatto richiesta di giudizio abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica. Visto che il giudice ha rigetto tale perizia, il legale ha ritirato anche la richiesta di abbreviato, quindi il soggetto affronterà il processo secondo il giudizio ordinario. La prima udienza del processo è stata fissata al 2 novembre presso la Corte d’Assise di Salerno. Il 55enne resta quindi rinchiuso presso il carcere di Salerno-Fuorni. L’uomo è accusato di omicidio preterintenzionale aggravato.
Secondo la tesi della Procura di Vallo, questi, durante un litigio per gelosia, avvenuto il 20 maggio scorso 2015 in casa, avrebbe percosso la moglie, fino a provocargli le lesioni, che hanno portato la 49enne alla morte 7 mesi dopo, il 29 dicembre 2015. Durante il processo, il legale agropolese Leopoldo Catena punterà a smontare le due tesi sostenute dal pm di Vallo della Lucania: la pericolosità sociale del soggetto e la gravità del reato.
«La pericolosità sociale – sottolinea l’avvocato – non può essere utilizzata a suffragio dell’applicazione di una misura cautelare solo in relazione alla gravità del reato. E’ tutto il suo trascorso a far comprendere, eventualmente, se un soggetto è pericoloso socialmente. Ci tengo a ricordare, a tal proposito, che è incensurato ed è stato arrestato dopo due anni dall’evento. E in questo tempo non ha fatto altro che dedicarsi alla famiglia e curarne gli interessi». Poi sulla gravità del reato «la frattura al cranio subita dalla vittima potrebbe essere stata causata da una sola caduta». (a. p.)