No ai domiciliari, Scarano resta in cella

Il Riesame ha respinto l’istanza di scarcerazione del monsignore. Rigettate anche le richieste di broker e agente segreto

Monsignor Nunzio Scarano deve restare in carcere. E con lui rimangono dietro le sbarre anche il broker di Pompei Giovanni Carenzio e l’agente segreto Giovanni Zito. Il Tribunale del Riesame ha respinto, nella tarda mattinata di ieri, le richieste di scarcerazione presentate dai difensori, che chiedevano l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare o, almeno, la concessione degli arresti domiciliari. I giudici hanno sposato invece la tesi della Procura, per la quale la rete di contatti e protezioni su cui i tre arrestati possono contare è talmente alta e ramificata da rendere concreto il rischio di reiterazione del reato, con il pericolo di pregiudicare anche una fetta delle indagini ancora in corso.

Non è bastato che il religioso salernitano fosse sospeso sin da maggio dal suo incarico di responsabile della contabilità all’analitica all’Apsa (l’Aministrazione del patrimonio della santa Sede) e nemmeno è stata sufficiente la mossa a sorpresa con cui la magistratura vaticana ha congelato l’altro ieri i suoi fondi allo Ior. Per i giudici la «pericolosità sociale» del monsignore e dei suoi presunti complici resta intatta. Tanto più che nella richiesta di arresto si parla di “personale attitudine a traffici illeciti” e “intraprendenza e versatilità negli affari economici”. E a maggior ragione che neanche il secondo interrogatorio di Scarano ha sciolto i dubbi degli inquirenti, convinti che il prelato stia nascondendo ancora molte cose. Innanzitutto un archivio segreto, di cui ha parlato in una deposizione a Salerno il suo amico Massimiliano Marcianò e nel quale sarebbe appuntata tutta la contabilità transitata sui conti Ior del sacerdote, con entità dei versamenti e, soprattutto, nominativi degli autori. Adesso davanti all’ecclesiatico si aprono due strade: o impugnare il provvedimento in Cassazione, sperando in una pronuncia favorevole, oppure – e non necessariamente in alternativa – chiedere di essere di nuovo ascoltato dai magistrati e provare a convincerli che la dichiarata volontà di collaborazione è sincera e totale. A un possibile nuovo interrogatorio fa riferimento il suo avvocato Silverio Sica: «Puntiamo – dichiara – agli ulteriori chiarimenti che la Procura vuole chiederci. Ci muoveremo per cercare di far sì che don Nunzio possa chiarire tutto». Aggiunge che il provvedimento di rigetto era atteso («una sentenza già scritta»), e sottolinea che il monsignore «pur restando molto addolorato della vicenda, si sta affidando alla forza della fede»

Alla Cassazione si appellerà il difensore di Carenzio, l’avvocato Elio D’Aquino, e stessa strada potrebbe essere intrapresa dal legale Maurizio Mastrogiovanni per lo 007 Zito. Su tutti pende però anche la spada di Damocle di nuovi provvedimenti, perché il tentato rientro di 20 milioni dalla Svizzera è solo una delle operazioni su cui sono accesi i riflettori della magistratura. Nella stessa richiesta di arresto per corruzione si evidenzia che sono in corso ulteriori indagini, che potrebbero sfociare nella contestazione anche del reato di riciclaggio. Gli inquirenti stanno verificando l’origine dei venti milioni, prima metà di un “tesoretto” attribuito agli armatori salernitani Paolo, Cesare e Maurizio D’Amico e di cui non si esclude la provenienza illecita in quanto sottratto a dichiarazioni o accertamenti tributari. In questo caso si configurerebbe il reato di tentato riciclaggio, mentre se il denaro fu dichiarato al fisco l’illecito sarebbe solo amministrativo, per l’intento di non dichiararlo alla Dogana.

Che i soldi fossero degli imprenditori salernitani gli inquirenti lo ricavano da un elenco di intercettazioni. Non ultima quella del 22 giugno 2012, che registra la conversazione di Scarano con il broker. «Chiaramente – gli dice – mi fai un pacco intitolato Cesare e Paolo o mi fai due pacchi Cesare e uno Paolo in maniera tale che li dividi tutti quanti a pacchi, la busta di Maurizio, quella di don Luigi (don Luigi Noli ndr), la mia, la tua» .

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