Niente libertà a Scarano, ora è scontro

La difesa pronta a chiedere il trasferimento del processo per incompatibilità ambientale: «C’è una pressione enorme»

Monsignor Nunzio Scarano non ha potuto trascorrere il Natale da uomo libero. Il Tribunale non ha accolto l’istanza di revoca degli arresti domiciliari, dopo aver acquisito in aula il “no” del pubblico ministero Elena Guarino secondo cui il prelato ha dimostrato «un pericolosissimo collegamento con i coimputati, una particolare capacità di condizionamento e legami molto forti col territorio», tutti elementi alla base della misura restrittiva.

Per la difesa è “l’ultima goccia”. L’avvocato Silverio Sica sta lavorando in questi giorni a un fascicolo che ripercorre tutti i momenti del caso giudiziario ed è pronto a chiedere un trasferimento del processo per incompatibilità ambientale, perché Salerno non garantirebbe serenità di giudizio. «Mi sembra vi sia una pressione ambientale enorme, molto pesante e gravosa – commenta – per questo sto prendendo in considerazione questa ipotesi». E nel computo entrano anche i nuovi filoni di inchiesta su usura e ricettazione e il risalto mediatico delle vicende: «Si indaghi, non dico certo di no, ma da difensore ho il dovere di verificare se il clima che è venuto a crearsi consente la necessaria serenità. A Salerno c’è un forte condizionamento dell’opinione pubblica e non va dimenticato che stiamo facendo un processo per riciclaggio laddove a Roma questa ipotesi di reato è stata ritenuta insussistente, pur riferendosi quell’inchiesta sempre a denaro attribuito agli armatori D’amico». Poi c’è il capitolo dei controlli sul rispetto dei domiciliari, per i quali il difensore ha già tuonato nel corso dell’ultima udienza e su cui sta raccogliendo una documentazione che annota frequenza e orari delle verifiche. «Abbiamo scritto tutto – avverte – Non è possibile che vi sia un accesso alle 4 di notte e poi ancora alle 5 e alle 7. Mi sembra che anche nei controlli occorra rispetto per la serenità della persona, tanto più se parliamo di un uomo provatissimo sotto il profilo psicologico e psichiatrico, costretto da quasi un anno a vivere da solo perché si continua a rifiutare a don Luigi Noli (coimputato ndr) il rientro nella casa».

Dopo mesi di fair play, con la Procura si è giunti a un punto di rottura. Che la tensione fosse salita era stato chiaro già all’udienza del 22 dicembre davanti alla seconda sezione penale, quando il legale aveva già puntato l’indice su una sorta di accanimento e il pm aveva replicato che i controlli applicati sono quelli ordinari e che anzi «monsignore gode anche di agevolazioni», considerate le tre ore di permesso giornaliero ottenute per motivi di salute. Nelle scorse settimane, dopo le indiscrezioni sulle nuove inchieste, Scarano aveva chiesto di essere ascoltato per raccontare la sua verità, ma il magistrato lo ha ritenuto superfluo. Ora il monsignore le ha scritto una nuova lettera, in cui insiste per essere ascoltato almeno nell’indagine sul furto di gennaio 2013 nel suo appartamento, in cui è parte offesa e del quale continua a ritenere colpevole l’ex amico Massimiliano Marcianò. La posizione dell’imprenditore romano è stata archiviata di recente e nel registro degli indagati sono state iscritte altre tre persone, indicate dallo stesso Marcianò con la produzione di un audio che incastrerebbe un suo collega e due complici: sarebbe stato il primo a rubare le chiavi di casa dall’auto che utilizzava con Scarano, per consegnarle a due esponenti della criminalità. Ma il sacerdote non gli crede: «È Marcianò il responsabile di tutto» ha ribadito lunedì in Tribunale, e adesso chiede di essere ascoltato per confrontare la versione dell’imprenditore con la sua conoscenza dei fatti. «Se davvero gli avevano rubato le chiavi – domanda agli inquirenti – perché non me lo ha detto subito».

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