Neonato venduto Trattativa nel bagno di un ospedale 

La lite con la madre sulla divisione della somma pattuita Sposo fasullo denunciato dal fratello: «Ha fatto un casino»

BATTIPAGLIA. Senza soldi, nessun matrimonio. Al finto sposo che tarda nel pagamento e accampa scuse, la futura sposa replica a muso duro: «Quando mi hai dato i soldi, solo allora si farà il matrimonio». La donna in attesa di diventare moglie, ma solo sulla carta e per lo stato civile, è Maria Gabriella Palma, intercettata mentre parla con Laura Iadanza. La stessa, con tono deciso, al culmine della telefonata, spiega alla sua interlocutrice che al promesso sposo marocchino ha detto: «Quando vedrò i soldi caricati sulla mia postepay, solo allora chiamerò il Comune». La Iadanza approva con uno stringato «brava!».
La compravendita di neonati. È nel bagno dell’ospedale, dopo il parto, che dà un prezzo alla nuova vita. In quei pochi metri quadrati ci sono la neo mamma, la nonna e Laura Iadanza. C’è da spartirsi la somma di tremila euro, quale prima tranche per l’attribuzione della paternità al finto padre marocchino. La compravendita riguarda una bambina, figlia di un altro marocchino. Sulla divisione dei soldi scoppia la bagarre. La mamma si sente truffata e minaccia di andare dai carabinieri. La Iadanza, al telefono con la nonna, ammonisce entrambe: «La vendita dei bambini non si fa. È lei che va in galera». Anche l’intermediazione, però, è reato.
La “marocchina” in casa. A scoperchiare il pentolone del grande affare delle nozze fasulle è un matrimonio, tanto falso quanto burrascoso: quello tra Lucio Di Giosio e Amina Ibnelazyz. Per renderlo credibile, la sposa viene ospitata per qualche tempo in casa dalla famiglia di Olevano. La convivenza non è delle migliori, come si lamenterà la stessa donna marocchina con la Iadanza. È il fratello del finto sposo a rivelare l’imbroglio ai carabinieri della locale stazione, diretta dal maresciallo Dario Santaniello. «Mio fratello ha combinato un casino mettendosi in casa una marocchina. Quella non è sua moglie», dichiara ai militari. E svela anche della somma finora ricevuta: 1.200 euro.
Falso il matrimonio, falso pure l’anello. «Mica si deve comperare pure qualche anello?». La domanda se la pone una finta sposa. Il dubbio sulla farsa da recitare e sul corredo da usare li gira alla Iadanza, che, di fatto, è la “wedding planner” delle nozze farsa. Lei risponde: «Sì, uno falso, non fa niente». La promessa sposa chiede che la spesa ricada sul marocchino perché, sostiene in un’intercettazione, «già ci sto rimettendo la benzina e tutto il resto».
Cambio d’abito. Gli indagati compaiono a volte nel ruolo di sposo, altre in quello di testimoni, permettendo così di celebrare le unioni simulate al solo scopo di raggiare gli ostacoli per far ottenere la cittadinanza italiana ad immigrati clandestini.
Lo sposo espluso. Nell’aprile di quattro anni fa, a Battipaglia, Paola Palma sposa con rito civile Farik Redouane. Il rito è propiziato sempre dalla Iadanza. Prima del permesso di soggiorno, però, allo sposo viene notificato un decreto di espulsione perché viene accertatoche non c’è stata convivenza tra la sposa e lo straniero. Tre anni dopo, ad ogni modo, vengono avviate le pratiche per la separazione. (m.l.)
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