Nella Piana undicimila magrebini

Il grande accampamento di San Nicola Varco smantellato sei anni fa

SALERNO. È quella marocchina, con 8.580 presenze, la comunità africana più numerosa a Salerno e provincia, seconda tra i gruppi stranieri, solo a quella della Romania. Da sola è numericamente più consistente di quella asiatica, che conta 5.825 residenti. Molto più contenuta la presenza, invece, di altre popolazioni magrebine: gli algerini sono 575, i tunisini 528.

Nella Piana del Sele risiede il maggior numero di immigrati: si tratta, in totale, oltre undicimila persone, oltre il doppio di quanti vivono a Salerno città (5.188). Il motivo è legato al lavoro: è nella Piana, infatti, che trova occupazione la gran parte degli stranieri, non solo di origine africana. In particolare, è l’agricoltura a garantire una piccola fonte di reddito agli stranieri. Ed è proprio in quest’area che si trovava quello che per anni è stato il più grande insediamento di extracomunitari, ovvero l’ex centrale ortofrutticola di San Nicola Varco. Nei capannoni realizzati nella periferia di Eboli risiedevano fino a quattrocento persone in condizioni a dir poco precarie. E, tra tanti onesti braccianti, non era difficile imbattersi in chi, invece, aveva scelto la via della delinquenza: quella cittadella stretta tra la linea ferroviaria e la Statale 18 era anche la più grande centrale di spaccio di sostanze stupefacenti. Fino al 2009 quando, all’alba di una mattina di novembre, con un imponente spiegamento di forze dell’ordine, l’intera area fu sgomberata dando inizio alla riqualificazione che ha portato all’insediamento di un outlet.

Ma gli immigrati sono rimasti a vivere a Eboli e Battipaglia, magari unendosi a chi già risiedeva in litoranea. E da Eboli e Battipaglia in tantissimi ogni settimana raggiungono Bellizzi dove c’è la moschea. È qui che viene celebrata la preghiera del venerdì, mentre per quella quotidiana ci si organizza alla meglio, allestendo magari una stanzetta nei dormitori per destinarla a questa funzione.

Tanti esempi di integrazione, ma anche tanta disperazione e isolamento, accentuato dalla barriera rappresentata dalla lingua poiché – come spiegano gli stessi immigrati – nei campi si parla solo in dialetto locale e non in italiano. Ma sono rarissimi i segnali che hanno fatto sospettare della presenza di estremisti: uno di questi nel 2002 quando furono trovate a Campolongo delle scritte inneggianti ad Allah.

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