FENOMENO DI IMPRESA CULTURALE

Nella casa dei poeti a Baronissitra versi di Izet e nuove tecnologie

da tredici anni Raffaella Marzano e Sergio Iagulli portano avanti tra mille difficoltà questa avventura cominciata sui versi del letterato bosniaco

Fernanda Pivano l’11 giugno scorso quando Michael McClure arrivò a Baronissi, alla Casa della Poesia, sul Corriere della Sera, in "terza pagina", iniziava così il suo ricordo al poeta americano: «Come vorrei esserci anch’io oggi, a Salerno». Per chi ha un minimo di sensibilità culturale, l’attacco di quell’articolo e quella firma, fu una bella soddisfazione (forse anche provinciale) ma nel balletto di notizie che raccontano sempre di un Meridione afflitto da mille mali, una pagina che al contrario premia l’attività culturale che da tredici anni Raffaella Marzano e Sergio Iagulli portano avanti tra mille difficoltà, fa bene anche oltre il bene di certa cultura pragmatica ed edonistica che da anni governa le scelte e gli indirizzi del nostro territorio. Una esperienza, quella di Casa della Poesia che viene presa ad esempio da molti amministratori che a Baronissi arrivano per studiarla come fenomeno d’impresa culturale. Una bella soddisfazione, che oggi offre anche un contratto di lavoro «perché siamo convinti che la cultura può offrire anche opportunità di lavoro».
Una casa per i poeti. «L’idea nacque ai tempi della guerra di Bosnia - ricorda Sergio Iagulli - C’era Izet Sarajlic che viveva nella Sarajevo assediata e tante volte avevamo immaginato la possibilità di sottrarlo a quella esperienza terribile. Per lui, così come per tanti altri poeti che vivevano in situazioni economiche e politiche difficili».
La casa però arriva solo nel marzo di quest’anno «cambiando molto il profilo e l’attività di Casa della Poesia - continua Iagulli - diventando un luogo di incontro e confronto con una biblioteca attiva e disponibile, soprattutto per gli studenti, in qualsiasi ora del giorno. Un luogo nel quale lavorare con continuità anche con numeri piccoli. Ci accontentiamo di vedere quotidianamente studenti che vengono qui a leggere piuttosto che a fare ricerche per le loro tesi».
Izet e Salerno. «Amava ripetere che non vedeva l’ora di ritornare a scrivere poesie del suo dopoguerra» perché Izet Sarajlic era stato il poeta dell’amore: gli studenti trascrivevano le sue poesie sui diari, i giovani s’innamoravano citando i suoi versi e «poi d’improvviso si ritrovò con la necessità di dover raccontare la tragedia del suo popolo». Un fatto questo «che ci travolse, indirizzandoci anche verso un tipo di poesia che spesso avevamo difficoltà a trovare in Italia così come in tutta Europa». Izet diventò Presidente onorario di Casa della Poesia e cittadino onorario di Salerno (una targa con poesia a lui dedicata si trova nella Villa comunale). «Abbiamo pubblicato nelle nostre edizioni la bellissima antologia "Qualcuno ha suonato" (Premio Moravia 2001) e nel tempo diventò una sorta di patriarca di quella grande famiglia poetica internazionale».
Giovani e poesia. «C’è uno zoccolo duro di persone della nostra generazione che ci segue con continuità, ma la cosa più interessante è la crescita del pubblico di giovani. Certo, organizzare un incontro con Ferlinghetti ti offre la possibilità di catturare una maggiore attenzione; ma ci siamo accorti, che partendo da queste cose, quando la gente ha fiducia nel percorso culturale che stai facendo, è disposta a seguirti anche su scelte meno popolari». Al contrario però «sono meravigliato dal fatto che molti dei giovani che si cimentano con la scrittura non sono mai presenti agli incontri». Un atteggiamento tipico di questa città «dove tutto viene fatto in circoli ristretti e quello che arriva da fuori, non viene visto come una occasione di crescita ma piuttosto come una intrusione». Esiste una ricetta? «Noi possiamo solo offrire occasioni d’incontro, è questo il nostro ruolo».