Nel rione Ferrovia l’intreccio tra boss politica e affari

Nel quartiere regnano da sempre i “capibastone” scafatesi Nel mirino il consigliere comunale, il ruolo di Donnarumma

SCAFATI. Benvenuti nel Rione Ferrovia: regno incontrastato del clan Loreto-Ridosso, quartier generale di Pasquale Loreto negli anni Novanta ereditato dal figlio Alfonso e dai rampolli di Romolo e Salvatore Ridosso. Benvenuti in un triangolo di città dove, nonostante la presenza di industrie conserviere e ortofrutticole di onesti imprenditori e lavoratori, si annida la camorra. Spaccio di droga, nel degrado sociale delle palazzine di Mariconda, rione di frontiera per patti criminali.

Il “pizzo” ai Filetti. I personaggi coinvolti nell’estorsione ai fratelli Alberto e Antimo Filetti, commercianti ortofrutticoli, consigliere comunale il primo seguendo le orme del padre don Ciccio, oltre a richiamare una metodologia mafiosa riportano catapultano il quartiere proprio negli anni ’90, quando le imposizioni e i patti, oltre che gli incontri tra camorristi e politici si svolgevano proprio nel rione Ferrovia. E già perché tra coloro che contestavano la vendita del terreno conteso vi è anche un nome che non è sfuggito agli inquirenti, quello di Emilio Donnarumma, dipendente comunale in pensione, coinvolto nel processo generato dallo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Comune di Scafati nel 1993 e accusato di favoreggiamento per aver ospitato presso la sua abitazione una riunione tra politici dell’epoca e il boss Pasquale Loreto. Donnarumma, assolto per prescrizione, è parente dei proprietari del terreno che hanno venduto poi ai fratelli Filetti l’appezzamento. Uno degli scontenti che – secondo alcuni testimoni – avrebbe minacciato i due imprenditori ortofrutticoli di pesanti ritorsioni se non avessero ceduto quel pezzo di terra. Nei suoi confronti non vi sono provvedimenti cautelari, ma la sua posizione è al vaglio della Procura.

Il quartiere, gli affari, la politica. Nel rione Ferrovia, tra via Sant’Antonio Abate, via Pasquale Vitiello e via Achille Grandi, dove comandano i rampolli del clan Loreto-Ridosso, il gruppo ha fatto i suoi affari. Lì dove negli anni non sono mancate le estorsioni ad importanti industriali conservieri, a volte anche a suon di bombe e attentati, si annida il quartiere generale, le case, dei boss oggi in mano alle giovani leve che stanno riscuotendo i crediti lasciati dal gruppo in dèbacle per i recenti arresti e il pentimento di Alfonso Loreto, pentimento ereditato dal padre Pasquale. I fratelli Filetti, messi sotto tutela dalle forze dell’ordine, operano e vivono in quel quartiere. Azienda nel commercio dell’ortofrutta, la loro, racchiusa in un lembo di spazio a ridosso dell’area Pip di via Sant’Antonio Abate, area mai completata, si sono dovuti trovare a fare i conti con il vicinato a partire dai Fusco e finendo proprio con Donnarumma. Le indagini della Dia, avviate dopo una denuncia presentata ai carabinieri della Tenenza di Scafati, dalle vittime ha riportato in luce vecchie storie e vecchie radici della camorra.

L’operazione di ieri mattina, per gli inquirenti, rappresenta una costola di un’indagine che fino a ora ha portato all’arresto degli esponenti del clan Loreto-Ridosso per associazione per delinquere, ma ha anche aperto uno squarcio sui legami tra politica e camorra con 11 persone indagate per scambio di voto, tra questi il sindaco della città Angelo Pasqualino Aliberti, la moglie – consigliere regionale – Monica Paolino, il fratello del sindaco Nello Aliberti, lo staffista Giovanni Cozzolino, la segretaria comunale Immacolata Di Saia, il consigliere comunale Roberto Barchiesi, l’imprenditore e ex politico Raffaele Lupo, insieme a prestanomi e factotum come Roberto Cianatiempo e familiari del gruppo criminale come Anna e Andrea Ridosso. Le radici della camorra in una città e in un quartiere che l’antimafia tenta di estirpare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA