Nel Parco del Cilento mancano i tecnici 

Il presidente Iannuzzi scrive al ministro: «Servono veterinari e agronomi per tutelare gli animali e le specie vegetali rare»

VALLO DELLA LUCANIA. «Nei Parchi nazionali mancano tecnici per garantire la protezione e la conservazione degli ambienti naturali». L’sos arriva dal presidente della Comunità del Parco del Cilento, Salvatore Iannuzzi, che nei giorni scorsi ha inviato una dettagliata lettera al ministro dell’ambiente, Sergio Costa, al presidente della giunta regionale campana, Vincenzo De Luca, ai sindaci del Parco del Cilento e ai vertici dei Parchi italiani.
«Al contrario di quello che il cittadino comune può immaginare – ha spiegato Iannuzzi - nei parchi nazionali e regionali, vale a dire nei luoghi preposti alla protezione di animali e specie vegetali rare, solo in qualche caso esiste personale preposto come veterinari, agronomi, esperti in scienze forestali. Occorre, dunque, elaborare specifiche piante organiche capaci di “tutelare” attraverso servizi specialistici per l’ ambiente il destino delle aree protette italiane».
Iannuzzi chiede un intervento urgente del ministro Costa. «Nei territori protetti – spiega Iannuzzi - abbiamo piante e animali la cui salute richiederebbe speciali misure di protezione e cura, realizzabili, unicamente, attraverso servizi specialistici a supporto delle attività istituzionali». Ma, purtroppo, non è sempre così. «In Italia – tiene a precisare il presidente - solo alcuni Parchi nazionali dispongono di servizi specialistici interni. In tante realtà la gestione degli animali protetti, ad esempio, è affidata a progettualità a termine per effetto dei quali si attivano consulenze con professionisti singoli o con università al cui termine non resta nulla. Viene a mancare una visione di prospettiva che inevitabilmente si riflette sulla programmazione degli interventi di controllo di specie protette, di prevenzione e di cura della fauna selvatica».
A rischio anche la salute dei cittadini. «La stessa salutedelle popolazioni insistenti in area Parco - avverte il presidente - risulta esposta a potenziali rischi assimilabili alla fauna selvatica, come ad esempio, la rabbia silvestre, le zecche, la brucellosi, la tubercolosi, la trichinella». La maggior parte delle malattie trasmesse dagli animali all’ uomo sono riconducibili proprio alla fauna selvatica. Poi l’appello. «L’auspicio e che nei prossimi mesi i vertici dei Parchi italiani promuovano e condividano il nostro grido di allarme – conclude Iannuzzi – e si realizzi concretamente la proposta formulata intesa ad una revisione delle piante organiche che ricomprenda anche figure specialistiche».(re. pro.)
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