Nel Golfo pesce arrivato dal Mar Rosso

Ha affiancato quello azzurro, tipico del Salernitano. E il tonno è quasi solo bianco, il rosso è “requisito” dal Giappone

Laggiù la musica sta cambiando e gli alieni ora vengono dal mare. Ecco il pesce flauto, sbucato dal Mar Rosso attraverso il canale di Suez. E pescato nel golfo di Salerno, a 2100 metri di profondità. Alcuni sono commestibili, altri tossici, velenosi come il pesce palla. Convivono a distanza con triglie e naselli, sgombri e sardine, timide e numerose creature. Il pesce azzurro del nostro mare, dove nuota anche il pesce spada, a 6 miglia dalla costa. «La produzione locale, quella salernitana, è il 30 per cento, il 45 per cento del pesce arriva dall’Alto Tirreno e dall’Adriatico che porta tutte le specie che mancano al mare di Salerno», spiega Alfredo Improta, 58 anni responsabile Asl sui controlli al mercato ittico, dove sbarca il 60 per cento dei prodotti commercializzati in tutta la provincia. «La maggior parte – aggiunge Improta – è di produzione nazionale, quasi un terzo in commercio arriva infine da Spagna e Grecia».

Il tonno è materia a parte. Il tonno bianco, o alalunga, quello che finisce in scatola, si trova anche qui. Il tonno rosso è un romanzo da raccontare. Di un altro pianeta per costi, qualità e limiti di pesca, regolamentato da una normativa comunitaria. «Sotto i 30 chilogrammi - avverte Improta – non può esser pescato. Adesso c’è gran quantità di rossi ed è molto apprezzato». Sulle nostre tavole è rarissimo. È acquistato in grandissima parte dal Giappone che con le sue navi officina lo va a prendere ancora vivo e lo fa sparire dai mercati di altri paesi. Da Positano a Sapri la flotta più grande che ne va a caccia è a Cetara e si dirige sulle rotte del Mediterraneo, verso la mattanza. In Sicilia, al largo di Trapani o a Malta. Ma solo una piccola quota arriva da noi. «Costa 100 euro al chilogrammo, è molto ricercato dal Giappone probabilmente perché utilizzato nel sushi. Per capire la differenza, il tonno bianco costa 7 euro al chilo, fresco».

Gli squalotti, incontri occasionali. Quasi tutti importati dall’Atlantico. Qualche gattuccio nuota anche qui, esemplari sfortunati che restano impigliati nell’agguerrita flotta composta, dal Cilento alla Costiera, da circa cento professionisti dello strascico. «Imbarcazioni che oltre le 12 miglia radunano a bordo attrezzature da migliaia di euro, un mezzo di 20 metri usato per la pesca a strascico può arrivare a costare fino al milione di euro», sottolinea Improta.

Ma il pesce nel mare di Salerno è diminuito, specie quasi sparite come l’ombrina, un tempo pregiata. «Ormai c’è uno sfruttamento eccessivo delle risorse marine, il crollo è dovuto a motivi ambientali, climatici e alla crisi economica», spiega Aniello Amato, 53 anni, veterinario dirigente della Asl di Salerno, nato a Gorizia e autore del libro “Specie inconsuete del Golfo di Salerno”. «È cambiata l’industria di trasformazione che ti prepara lo spiedino, il pronto a cuocere, lo sfilettato. Le ricadute sulla tavola sono evidenti». Anche sulle tasche. «Il pesce di paranza – aggiunge con un po’ di amarezza lo studioso – è quello più povero e scartato». Sacrificato come la boga, stessa famiglia del sarago e dentice. Il sugarello, affumicato o fritto, la menola pescata anche a 150 metri. O la zanchetta, simile alla sogliola che abbocca tutto l’anno nel Mediterraneo e lungo le coste salernitane. E poi quegli alieni, sgusciati 5-6 anni fa da Suez e Gibilterra, forse per il surriscaldamento del mare: 1-2 gradi l’anno. «Ma non bisogna temerli - avverte Improta - con il tempo anche i pescatori stanno imparando a riconoscerli».

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