L'EMERGENZA EPIDEMIA

Nasce da madre positiva: «Lontana da me 3 giorni»

L’odissea di una mamma di Vietri sul Mare ricoverata al Policlinico di Napoli 

VIETRI SUL MARE - Positiva con una bambina in grembo. Partorisce ma non le consentono di vederla per tre giorni. È la vicenda denunciata da Benedetta Marino, 33enne di Vietri sul Mare che, mercoledì scorso, è stata ricoverata al reparto maternità Covid del policlinico “Federico II” nel Napoletano. Il trasferimento dalla clinica privata dov’era accreditata s’è reso necessario quando la donna ha scoperto di essere positiva al Covid.

Di qui la corsa a Napoli, all’unico polo di riferimento in Campania per le partorienti contagiate. «Sono arrivata in ospedale mercoledì pomeriggio, completamente asintomatica, senza accenno di rinite o di febbre. Appena entrata al policlinico sono stata messa in isolamento, in camera con un’altra persona che, invece, aveva febbre alta e tosse. Lascio immaginare l’apprensione per chi, di lì a poco, avrebbe dovuto partorire, mentre ero in camera con una persona sintomatica». Il giorno successivo, la 33enne dà alla luce il suo secondo figlio.

Dopodiché, 72 ore di “buio”. Della piccola nascitura, non si sa nulla. Se non qualche notizia strappata indirettamente. «Subito dopo il parto, mia figlia è stata messa in incubatrice e in isolamento, in attesa del tampone e io sono stata riporta in camera. Solo una telefonata ho ricevuto, niente di più». A telefonarle era il pediatra, per informare la donna del peso e che, in caso di negatività, sarebbe stata trasferita al nido, dove non è possibile accedere in nessun modo. «Non mi hanno consentito nemmeno di tirare il latte per somministrazione indiretta », racconta Marino. Eppure, le linee guida del Ministero della Salute, in casi del genere, prevedono comunque l’allattamento al seno, ritenuto fondamentale soprattutto nei primi giorni di vita, con i dovuti dispositivi di sicurezza. Prova a chiedere chiarimenti, la 33enne vietrese, ma nessuno risponde. Dall’ospedale fanno spallucce.

«Per tre giorni – prosegue la donna – avere notizie è stata una chimera. I medici mi hanno detto di telefonare al numero indicato in reparto per avere qualche aggiornamento».Il telefono squillava, ma dall’altra parte della cornetta non rispondeva nessuno. Qualche altra volta era addirittura fuori linea. «In questo modo non si tutelano i neonati – continua la Marino – ma si privano dell’essenziale. Nulla da eccepire sulla squisitezza e sull’umanità del personale medico e paramedico che opera qui, ma chiedo se è lecito che una struttura ospedaliera adotti protocolli propri in assoluta antitesi alle direttive nazionali ». Sabato mattina, le prime notizie. Dal numero indicato risponde una voce: «Il pediatra non è ancora passato, dopo il giro di visite la ricontatteremo». Eppure, fino a domenica pomeriggio, Benedetta Marino non ha saputo più nulla. Se non, indirettamente, che la figlia è negativa ed è stata trasferita al nido. Un piccolo sospiro di sollievo, dopo un’odissea durata 72 ore. Poi, domenica pomeriggio, la giovane donna prende i bagagli e torna a casa con in braccio la figlia.

«L’ho conosciuta solamente due giorni fa» esclama affranta. Da ieri, le due sono a casa. Potrà dire, la 33enne, di averla conosciuta, la piccola figlia, solo dopo tre giorni. Quando nel bel mezzo d’una pandemia infernale, a tratti resasi insostenibile per la Sanità, ancora latente e carente sotto diversi punti di vista, i medici del “Federico II”, invece delle direttive nazionali, hanno probabilmente preferito la via della precauzione, per evitare il collasso d’una struttura che ad oggi dovrebbe accogliere tutte le partorienti positive in Campania.

Paolo Vacca