Napoli-Colombia Sospetti sul carabiniere che conosce i narcos 

L’inchiesta della Dda di Napoli svela i collegamenti del militare con clan della camorra e ambienti cilentani 

NAPOLI. Un maxi blitz da 62 arresti che smantella un giro di cocaina tra la Colombia e la provincia di Napoli. Otto giorni fa scattava l’operazione del Comando provinciale carabinieri, coordinato dalla Dda partenopea, contro due presunte organizzazioni che avrebbero importato droga dal cartello di Cali, attraverso l’Olanda, trasferendola a bordo di furgoni nelle principali piazze di spaccio di Napoli e dell’hinterland.
Dal primo filone di indagini emerge la figura del 41enne Bruno Carbone, latitante da oltre quattro anni, ritenuto dagli investigatori un primattorre del traffico di cocaina tra la Campania e il paese sudamericano. Il secondo troncone punta dritto al Parco Verde di Caivano, il più grande supermarket della droga in Europa. Qui regnerebbe il 35enne Pasquale Fucito detto ’o marziano, accusato di essere il referente del clan Ciccarelli-Sautto, per conto del quale gestirebbe l’affare cocaina in collegamento con i cartelli colombiani. A suo carico l’ordinanza di misura cautelare dispone anche un sequestro milionario di beni.
Tra gli arrestati c’è poi il 32enne Francesco Vasaturo, incensurato, nato a Vallo della Lucania: i pm gli contestano di essere un mediatore nella compravendita della droga, ed anche uno degli staffettisti durante il trasporto della merce dall’Olanda in Italia. Reato in concorso con altri indagati e aggravato dall’aver agevolato la cosca. L’altra figura chiave dell’inchiesta sul Parco Verde è il brigadiere dei carabinieri Lazzaro Cioffi, detto Marcolino, in forza al nucleo investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna. Il gip lo spedisce in carcere con l’addebito di aver fatto soffiate e favori a Fucito, in cambio di denaro e regali. Ai domiciliari, invece, finisce Emilia D’Albenzio, la moglie del militare, accusata di intestazione fittizia di beni. La donna è figlia di Domenico, considerato a sua volta referente del clan Belforte per la zona di Maddaloni, che ha scontato 23 anni di carcere per omicidio.
Ma la coda dell’inchiesta porta a indagare altri 4 carabinieri per omissione in atti di ufficio e rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio. Sono i presunti componenti della “squadra” di Cioffi, tutti però a piede libero. Ad accendere i riflettori sui presunti rapporti deviati tra “Marcolino” e Fucito sono le dichiarazioni dei pentiti Andrea Lollo e Nunzio Montesano.
Secondo l’ordinanza del gip Francesca Ferri, ’o marziano versava a Cioffi un corposo “stipendio” mensile. Ma Fucito richiedeva una fedeltà totale: pretendeva pure che la moglie del brigadiere si prendesse cura del suo bambino e accompagnasse la consorte, Valeria Zaino, in giro per commissioni. Negli ultimi mesi, però, le relazioni si sarebbero deteriorate, a causa di un presunto ritardo nell’invio dei soldi a Cioffi. Inadempienze per cui il carabiniere si sarebbe lamentato. Al punto che avrebbe meditato di farla pagare ai narcos, non appena rientrato in servizio dopo un periodo di convalescenza.
Il 24 novembre 2017 il brigadiere dice alla moglie: «Tanto ora questo... Se non molla i soldi questo mese se ne va a fare in c..., che mi deve dare i soldi a me... Mi devo mettere a fare qualche altra cosa». In un’altra conversazione si rivolge a Ciro Astuto, pasticciere indagato perché nel suo locale sarebbero avvenuti gli incontri con Fucito: «Questo non ha capito niente, mo la rompiamo la situazione. Questo lo deve prendere un poco in c..., tanto altri quattro giorni sono (prima di tornare in servizio, ndr). Ti faccio vedere come lo faccio piangere». Ma ora a piangere sono in tanti, dovendosi difendere dalle pesanti accuse formulate dal pool anticamorra. Gianmaria Roberti
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