Moti rivoluzionari e passione per un “Proclamo” d’annata

La tenuta di Agropoli è stata la prima ad imbottigliare Fiano e Aglianico

di Barbara Cangiano

Il primo nome iscritto all’albo degli imbottigliatori è il suo. Non perché Raffaele Marino (nella foto) abbia tanti anni sul groppone. Ma perché, spinto dalla passione e da un grande intuito imprenditoriale, è stato il primo, nel Cilento, a decidere di fare il salto di qualità. Reduce dagli studi in Giurisprudenza, dopo una lunga gavetta al seguito di un papà geometra innamorato di una tenuta che abbraccia trenta ettari di vigneti ed uliveti baciati, nel cuore di Agropoli, da un microclima perfetto, decise di rimboccarsi le maniche. E di regalare a Fiano, Aglianico, Piedirosso, Barbera e Sangiovese, la stessa dignità di tanti Chianti blasonati ed “abusati”. In casa sua non ha voluto enologi, fidandosi esclusivamente del suo naso. Ed ha preferito non demandare ad altri il lato agronomico, anche quando nel 2000, suo padre Lorenzo l’ha lasciato. «Ormai vivo in simbiosi con la natura e questo mi riempie di gioia e di soddisfazione - confessa - Tutto parte dalla vigna. Se l’uva arriva sana in cantina, allora ci sono ottime premesse per fare un vino di qualità». L’avventura inizia nel 1977, cinque anni più tardi vedono la luce Raustiello e Fonte del Saraceno, un Fiano ed un Aglianico “sperimentali”, precursori di una scuderia che oggi conta ben otto prodotti divisi in due linee i cui nomi evocano la storia del Cilento e l’amore viscerale per una terra ricca di fascino e di cultura. “Proclamo” - che identifica i due Doc di monovitigno (Fiano ed Aglianico Riserva) non solo rende omaggio ai moti rivoluzionari del 1848 e alla conseguente indipendenza socio-culturale della popolazione locale, ma segna il manifesto di indipendenza di una esperienza, quella di Marino per l’appunto, che è stata tra le prime a sapersi affrancare dal “predominio” del Nord. I tre blend (Aglianico e Piedirosso, Fiano e Malvasia e Aglianico e Sangiovese), rientrano invece nella linea “Cellaia”, che ruba il nome a quella zona con cui in passato si identificava una sorta di alveare della cantina, deputato a preservare dalle intemperie (e dagli amanti degli stravizi) i vini più pregiati. Tra le chicche di un’azienda che ha saputo conquistare una vetrina privilegiata nei mercati esteri (Svizzera, Canada, Norvegia e Germania) ed un ruolo di primo piano nelle varie edizioni del Vinitaly, c’è poi il Fiano Igt Paestum vendemmia tardiva: «E’ un vino prodotto con le ultime uve che vengono raccolte ad inizio ottobre. E’ molto strutturato rispetto ai classici Fiano ed ha anche una maggiore gradazione alcolica pari a 14,5 gradi - racconta Marino - Per produrlo dobbiamo ridurre moltissimo la resa per ettaro e questo ne fa un prodotto speciale. Del resto la nostra filosofia aziendale è proprio questa: puntiamo sulla qualità e non sulla quantità. E’ più dura, occorrono molti sacrifici ed un impegno rigoroso, ma i risultati ci ripagano di tutti gli sforzi che quotidianamente facciamo». Raffaele non è solo. Per lui la famiglia è tutto. E’ forza, come testimonia lo stemma di casa, circondato da due leoni regali. E’ unione, come confermano i simboli che concentricamente si riuniscono nell’etichetta rosso oro che si staglia sul fondo nero della linea “Proclamo”, è allegria, come la colorata rosa dei venti del “Cellaia”. Ed è impegno, come sa bene la signora Assunta Voza, abilissima nel la. sciare di stucco le comitive di stranieri che durante i wine tour restano estasiati dalle sue bruschette e dall’acquasale, biscotto di grano duro condito con olio, sale origano e semi di pomodoro. Il futuro? Forte del premio Cangrande e dell’iscrizione all’albo d’oro dei viticoltori campani, l’azienda ora guarda ai giovani, a partire da Lorenzo, che già segue le orme paterne, in attesa che anche Francesco e Raffaele jr, siano accesi dalla sacra passione per un nettare divino, che nella tenuta di via Fontana Saracena, segue le antiche leggi del sole e della luna.

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