la sentenza

Morte a “La quiete”, un anno a Calabrese

Un anno (pena condonata) all’imprenditore Leonardo Calabrese e 8 mesi (pena sospesa) al responsabile del servizio di prevenzione e protezione della casa di cura “La quiete”, il battipagliese Renato...

Un anno (pena condonata) all’imprenditore Leonardo Calabrese e 8 mesi (pena sospesa) al responsabile del servizio di prevenzione e protezione della casa di cura “La quiete”, il battipagliese Renato Talamo. È la sentenza pronunciata poco dopo le 13 di ieri dal giudice monocratico Ennio Trivelli, che ha ritenuto titolare e dipendente della clinica colpevoli di omicidio colposo per la morte, nel giugno del 2005, del paziente Antonio Digiovannantonio, ricoverato per una forma di schizofrenia. Il giudice ha accolto la tesi del pubblico ministero Patrizia Gambardella, secondo cui vi fu negligenza, imprudenza e imperizia nel non avere messo in atto tutte le misure di prevenzione che avrebbero potuto evitare l’incendio in cui perse la vita Digiovannantonio. Innanzitutto perché il paziente era già autore di altri due tentativi di incendio e, ciò nonostante, fu lasciato in possesso di un accendino con cui appiccò il fuoco.

L’accusa ha inoltre puntato l’indice sull’utilizzo di un materasso non ignifugo, sulla carenza di personale di vigilanza e sulla mancata sostituzione del vetro opaco della porta d’ingresso con uno trasparente. Quella notte del 12 giugno 2005, quando Digiovannantonio corse fuori dalla stanza con la maglia in fiamme, nella casa di cura erano in servizio solo un ausiliario e quattro infermieri, per quattro piani di degenza e 93 pazienti. Un organico insufficiente – ha evidenziato il pm – a garantire l’incolumità degli ospiti. Il giudice ha disposto a favore dei familiari il risarcimento del danno, da quantificarsi in sede civile, negando però la provvisionale a garanzia. c.d.m.)

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