Morì sul lavoro a Padula Imprenditori a processo

Rinviati a giudizio i titolari della ditta: avrebbero violato le norme anti infortuni L’operaio di 52 anni rimase schiacciato in un capannone tra due lastre di marmo

PADULA. Amedeo ed Alfeo Cancellaro, padre e figlio, titolari della ditta Cancellaro Marmi di Padula, sono stati rinviati a giudizio per la morte del dipendente Michele Vecchio. I due sono imputati per il reato previsto dall'articolo 589 comma 2 del codice penale: omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, reato che prevede una pena che va da 2 a 7 anni di reclusione. La prima udienza del processo è stata fissata per il 15 ottobre prossimo. La decisione è stata presa dal gup al termine dell'udienza preliminare che si è svolta presso il Tribunale di Sala Consilina. Il giudice ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero. La famiglia della vittima è difesa dall'avvocato Alfonso Giuliano del foro di Sala Consilina.

Michele Vecchio aveva 52 anni, è morto il pomeriggio del 5 giugno dello scorso anno in seguito ai traumi riportati dopo essere rimasto schiacciato da una lastra di marmo. Quel giorno l'operaio era rimasto da solo nel capannone mentre gli altri suoi colleghi erano in pausa pranzo.

Era rimasto per sistemare alcune lastre di marmo ed anticiparsi così il lavoro che avrebbe dovuto fare dopo la pausa. L’operaio stava manovrando con un telecomando un carro ponte per spostare alcune lastre di marmo quando una di queste lo ha colpito scaraventandolo contro delle altre lastre che si trovavano a terra in posizione verticale.

Il corpo è rimasto incastrato tra le due lastre di marmo. I suoi colleghi di lavoro alle 14 hanno ripreso il turno e per una decina di minuti nessuno si è accorto di nulla fino a quando una delle due figlie della vittima ha chiamato per chiedere come mai il padre non fosse tornato a casa per il pranzo. Gli altri dipendenti dell'azienda hanno avuto subito il presentimento che fosse accaduto qualcosa e si sono messi a cercarlo: dopo poco hanno visto che era intrappolato tra due blocchi di marmo. Sperando di riuscire a salvarlo avevano rimosso una delle due lastre anche per tentare di rianimarlo, ma non c’era più nulla da fare.

Il suo cuore aveva cessato di battere. Le indagini coordinate dal sostituto procuratore Michele Sessa sono state effettuate dai carabinieri della compagnia di Sala Consilina e dai funzionari dello Spisal, il Servizio di prevenzione infortuni sugli ambienti di lavoro dell’Asl Salerno.

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