Morì nel precipizio, nove a processo

Un quindicenne cadde nel vuoto per la rottura di una staccionata. Sotto accusa anche il principe proprietario della strada

CASTELLABATE. Nove rinvii a giudizio per la morte di Carlo Fulvio Velardi, il quindicenne napoletano che perse la vita il 26 luglio del 2011 a Punta Licosa, cadendo in un precipizio a causa del cedimento della staccionata in legno alla quale si era appoggiato. Nell’udienza preliminare è stato deciso il processo per Angelo Granito di Belmonte, il principe proprietario della strada privata ma ad uso pubblico dove era ubicata la staccionata; Roberto Avella, responsabile del servizio tecnico della comunità montana Alento-Monte Stella; Francesco Lo Schiavo, Anita Cataldo e Adelio Nicoletta, responsabili dell’ufficio manutenzione del comune di Castellabate; Gerardo Comunale, responsabile dell’ufficio di Polizia municipale; Costabile Franciulli, Domenico Manente e Nicola Romito, operai della comunità montana.

Nel dettaglio, il principe Granito di Belmonte, è accusato di non avere controllato l’idoneità della staccionata ad opporre la necessaria resistenza né provveduto alla manutenzione della stessa. Avella di aver disposto con negligenza, imprudenza e imperizia l’installazione di una struttura in legno non idonea a svolgere la funzione di parapetto né provveduto alla successiva manutenzione della stessa a seguito del deterioramento e nel non aver delimitato l'area in questione con opportune recinzioni e segnalazioni di pericolo. I tre tecnici dell’ufficio comunale manutenzione, Lo Schiavo, Cataldo e Nicoletta, sono accusti di non aver controllato, per negligenza e in violazione dell’obbligo di sorveglianza ad essi affidato, l’idoneità della struttura lignea. Il responsabile della Polizia municipale, Comunale, di non aver segnalato la non idoneità della staccionata. Infine i tre operai sono accusati di aver materialmente installato la struttura di legno omettendo, per negligenza, di segnalarne la inidoneità a svolgere la funzione di parapetto.

Carlo Fulvio Velardi era in vacanza con la famiglia e l’impatto con il suolo dopo la caduta gli fu fatale. Per arrivare alla decisione dei nove rinvii a giudizio, si è passati per varie udienze preliminari nel corso di diversi mesi. «Finalmente avremo giustizia – dice ora il padre del ragazzo, Roberto – nessuno purtroppo ci ridarà nostro figlio, ma giustizia sarà fatta. Un luogo a forte richiamo turistico come è il Cilento non può permettersi di aver strutture non idonee e non sicure che possano garantire l’incolumità di tutti. L’unico fine del processo non deve essere di trovare il colpevole o i colpevoli, ma un invito a riflettere e a fare autocritica sul dovere di custodia e mantenimento in sicurezza di uno dei territori più belli al mondo».

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