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Mistero a Scafati, scompare Chierchia

L’uomo stava scontando in regime di semilibertà l’ultimo anno di reclusione perché invischiato in una storia di usura

SCAFATI. Assolto dalle accuse di usura ma irrintracciabile da quattro mesi. Per questo adesso spunta la pista della Turchia. È un vero e proprio giallo quello di Giuseppe Chierchia, imprenditore 67enne originario di Scafati e Pompei, conosciuto meglio come “Peppe assassino”. L’uomo, lunedì mattina, è stato scagionato da due episodi contestatigli dal Tribunale di Nocera Inferiore, ma non si trova. Chierchia, che era in semilibertà, stava scontando l’ultimo anno di pena presso il carcere di Salerno. Ma dallo scorso settembre nessuno pare avere più sue notizie.

I carabinieri stanno cercando di rintracciarlo. Attendono sue notizie anche i familiari. Temono che Chierchia non si sia allontanato dal carcere di sua spontanea volontà e chiedono agli inquirenti di fare chiarezza. Gli investigatori non escludono nessuna ipotesi, nemmeno quella che il 67enne possa trovarsi fuori dai confini italiani e precisamente in Turchia. Lì d’altronde vive il fratello, con cui Chierchia ha continuato ad avere buoni rapporti nel corso degli anni, e per questo i carabinieri stanno attivando battendo questa pista.

La notizia della sua scomparsa si è diffusa nella giornata di lunedì dopo che l’uomo, secondo il collegio giudicante presieduto dal dottore Raffaele Donnarumma, non avrebbe commesso i fatti relativi a due denunce presentate da altrettanti imprenditori. Il primo episodio è relativo ad Achille Almetti di Gragnano, titolare di diversi negozi di abbigliamento tra l’Agro nocerino e l’hinterland vesuviano, che, secondo la pubblica accusa, fu costretto a pagare interessi usurari pari al 269% su base annua a “Peppe assassino”. La seconda vicenda invece vede coinvolto Gaetano Buono, commerciante scafatese operante nel settore della macellazione, che, dalla ricostruzione della Procura, sarebbe stato costrtetto a versare a Chierchia 17mila euro nel giro di pochi mesi. Una tesi che i legali del 67enne, gli avvocati Adriano Cafiero e Vincenzo Bonelli, sono riusciti a smontare dimostrando l’inattendibilità delle dichiarazioni fornite dai due imprenditori coinvolti come parte offesa.

Resta in piedi, dunque, solo uno dei tre episodi inizialmente contestato a Chierchia. Si tratta dell’usura consumata ai danni di Antonio Di Stasio, commerciante scafatese operante nel campo dell’abbigliamento, per cui “Peppe assassino” ha riportato la condanna di un anno e sei mesi.

Una pena posta in continuazione con un’altra, giunta da una costola di un procedimento nato dal lavoro investigativo della Procura di Torre Annunziata, che lo portò ad avere otto anni di reclusione. Una pena che stava scontando.

 

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