IL BLITZ

Minacce ed estorsioni a Battipaglia, la storia del manovale finito sul lastrico

L'uomo ha confessato: «Mio ha firmato 43 cambiale per ripianare il debito»

BATTIPAGLIA - Gli “aiuti” iniziali e poi una lunga spirale d’inferno, fatta di richieste di denaro superiori a quanto prestato, minacce al telefono e aggressioni fisiche. È l’odissea vissuta fra il 2016 e il novembre del 2018 da un operaio di Battipaglia finito – quasi in contemporanea – fra le spire della gang delle estorsioni sgominata ieri dai carabinieri dalla locale Compagnia agli ordini del capitano Samuele Bilenti su disposizione della Procura Antimafia di Salerno (Marco Colamonaci il sostituto procuratore titolare delle indagini).

Fra i quattro destinatari delle misure cautelari firmate dal gip Pietro Indinnimeo ci sono anche i fratelli Franco e Vito Falcone: sono loro - insieme a William Pagano, che pure figura tra gli indagati – ad aver tenuto sotto scacco per quasi due anni il manovale che poi è stato sentito dai militari dell’Arma.

E nella deposizione resa agli investigatori emerge l’inferno affrontato dall’uomo, costretto a cedere la sua Alfa 159 a Franco Falcone per riparare il proprio debito e poi a dare anche una Fiat Panda. Non solo: l’uomo, infatti, ha dovuto far firmare al figlio ben 43 cambiali da mille euro ciascuna per saldare i debiti con Vito Falcone e far tenere nelle mani di William Pagano il bancomat dove, ogni mese, veniva prelevata la sua pensione per ripianare i debiti. (al. mo.)

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