ricerca scientifica

Metodo stamina L’opinione di Bifulco su Embo Reports

L’utilizzo delle cellule staminali sono al centro di un dibattito serrato che chiama in causa scienziati, diritti dei pazienti, responsabilità mediche e - non ultimo - il legislatore chiamato ad...

L’utilizzo delle cellule staminali sono al centro di un dibattito serrato che chiama in causa scienziati, diritti dei pazienti, responsabilità mediche e - non ultimo - il legislatore chiamato ad affrontare un argomento complesso e di non facile risoluzione. L’unico centro abilitato al metodo Stamina attualmente in Italia è l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia, e sono in tanti, anche qui a Salerno, a pensare di ricorrere alla terapia staminale per salvare se stessi o i propri cari e tentare di curare malattie che non lasciano via di uscita. A Brescia non c’è posto per Giuseppe Procentese, bimbo salernitano di 9 anni affetto da una malattia degenerativa, sono disperati i genitori Lina e Giuseppe; a Serre un piccolo di appena quindici mesi soffre di atrofia muscolare spinale. I casi di pazienti gravi sono tanti ma il docente di Patologia dell’ateneo salernitano, Maurizio Bifulco, invita alla cautela, ricordando i rischi di terapie non provate scientificamente, e contemporaneamente rivolge un appello alla «comunità scientifica internazionale di collaborare» per trovare in fretta soluzioni che siano basate, però, su riscontri scientifici.

L’opinione del docente sull’impiego di cellule staminali a cui si ricorre per la cura rigenerativa di tessuti “sani”, è stata pubblicata su Embo Reports, prestigioso giornale dell’European Molecular Biology Organization (Organizzazione europea di biologia molecolare con sede ad Heidelberg). Il professore Bifulco e la dottoressa Patrizia Gazzerro - del Dipartimento di medicina e farmacia dell’ateneo salernitano - partono dal presupposto che il metodo Stamina può sembrare una valida alternativa -e forse lo è e la comunità scientifica probabilmente in futuro lo proverà - ma finora non è stata ancora dimostrata la sua efficacia scientifica. Un rischio? «Può essere l’inefficacia», commenta il docente senza prende posizioni su se sia giusto o meno ricorrere al tipo di cura. Una risposta imparziale, la sua, che induce a una riflessione. Chi pensa alla terapia staminale potrebbe andare incontro a delusioni in quanto, se la cura non produce effetti, è come se in realtà il paziente non si fosse affatto curato. Oppure c’è il pericolo di effetti collaterali, ricorda Bifulco che invita a non dimenticare le «terapie consolidate». A suo avviso le cure tradizionali, a maggior ragione nei casi in cui la strada sia percorribile, non vanno «rifiutate per sceglierne altre meno testate», dice il docente che crede fermamente nella sperimentazione scientifica. «Non deludere le aspettative» dei pazienti, di chi si aggrappa alla speranza è un altro aspetto da ricordare. Dunque il docente su Embo Reports ha ricordato sia il caso della piccola Sofia (aveva vinto il ricorso per sottoporsi alla terapia staminale, era quarta nella lista di attesa, ma è morta il 2 giugno) sia le cure non “testate”, e risultate poi vane, per “guarire” dall’Aids e altre patologie. (m.c.)

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