Messa alla prova per i ragazzi del branco

A febbraio si deciderà su durata e modalità del percorso. Per ora restano agli arresti, lacrime e imprecazioni fuori dall’aula

SAN VALENTINO TORIO. A guardarli, quei cinque ragazzini con il viso pulito e i capelli alla moda, non diresti che siano stati loro a trascinare in un garage di San Valentino Torio un amica di 14 anni, a violentarla a turno per un’ora fino a lasciarla sfinita, prendendola a morsi quando cercava di divincolarsi. Fuori dall’aula del Tribunale per i minorenni, dove aspettano che il giudice Vicenzo Di Florio decida del loro destino, si incontrano dopo mesi trascorsi a distanza. Si scambiano abbracci, parlottano, ridono tra loro come un qualsiasi gruppetto di adolescenti. Uno è agli arresti domiciliari, gli altri ancora in regime di custodia carceraria ma in comunità di accoglienza. È lì che resteranno fino al 21 febbraio, quando il giudice scioglierà la riserva sui percorsi di recupero. Ieri i loro avvocati hanno ottenuto per tutti l’ammissione all’istituto della messa alla prova, che dopo un periodo di riabilitazione consente l’estinzione del reato e lascia la fedina penale intatta, come se nulla fosse accaduto. Ora gli operatori sociali dovranno stilare il piano con le attività obbligatorie, che in genere prevedono studio, volontariato e limitazioni agli orari di uscita da casa. A febbraio il giudice li valuterà e deciderà la durerà il trattamento (si va da un minino di sei mesi a un massimo di tre anni) disponendo nel contempo la revoca delle misure cautelari.

Alcuni di loro quella revoca se l’aspettavano già ieri. Escono dall’aula con i visi tirati, uno apre la porta con una bestemmia, un altro scoppia a piangere. È il ragazzo che aveva attirato la 14enne nella trappola, quello che l’aveva incontrata in piazza e poi l’aveva portata giù nel garage, dove gli altri stavano già aspettando. Due mesi fa le ha scritto una lettera: «Ho sbagliato, quella sera dovevo essere da solo, poi la situazione mi è sfuggita di mano». Lei non ha risposto. Ma lui ieri sperava di poter rientrare a dormire a casa, di tornare presto a frequentare la scuola a Sarno. «Lo aspettano – dicono i genitori provando a perorarne la causa con gli operatori sociali – Lui è così, ha un cuore generoso, si fa voler bene. È ancora un bambino».

C’erano tutti i genitori nell’edificio di largo San Tommaso d’Aquino. C’erano zii, cugini, i nonni che restano fuori dall’aula e dicono «noi no, a noi toccano solo le sofferenze». Sono anche loro famiglie spezzate. Che aspettano di uscire da un incubo. Era il 23 giugno quando avvenne lo stupro, ai responsabili si risalì subito grazie alle telecamere e al racconto della ragazza, e tutti hanno confessato. I difensori (Cosimo Vastola, Nicola Cicchini, Antonio Carrella, Andrea e Valentino Miranda) hanno chiesto l’abbreviato e subito la messa la prova. La procedura non prevede che la parte civile possa opporsi, ma l’avvocato Alessandro Laudisio non cela le perplessità: «Non è stata una ragazzata. D’accordo che siamo nel procedimento minorile e d’accordo che bisogna tendere alla riabilitazione, ma lasciarli incensurati è un’assurdità».

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