Mangiò la madre, le lacrime di Renzi

Nuova perizia psichiatrica sul “cannibale”. Lui si commuove: «L’ho fatta a pezzi per ricostruirla»

Per la prima volta Lino Renzi si commuove. Il “cannibale”, come le cronache l’hanno soprannominato, quasi cede alle lacrime nell’ultimo colloquio con il medico legale Antonello Crisci e la psicologa Nicoletta Sansone, che pochi giorni prima di Natale lo hanno incontrato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa per redigere una nuova perizia sulla capacità processuale. Quando gli viene ricordato l’omicidio della mamma Maria Pia Guariglia, massacrata di botte e poi fatta a pezzi nell’abitazione che condividevano a Torrione Alto, il 48enne ha un attimo di cedimento. Prima prova a spiegare che il cannibalismo sarebbe stato frutto della volontà di far sparire il cadavere, poi si lascia andare a una confessione più intima: «Volevo distruggerla, per poi ricostruirla» dice ai medici e agli avvocati Paolo Corsaro e Francesca Vista, rispettivamente difensore e curatore.

L’esito del controllo psichiatrico sarà depositato entro il mese di gennaio, dopo l’elaborazione dei test psicologici, ma da un primo esame degli elementi raccolto l’idea è che si vada verso il riconoscimento della capacità di stare in giudizio, ribaltando la perizia di un anno fa quando lo stato del paziente fu ritenuto tale da non consentirgli la partecipazione a nessun tipo di processo se non a rischio di gravi conseguenze sul suo fragilissimo equilibrio psichico. Ora Renzi starebbe meglio, la terapia riuscirebbe a tenere sotto controllo la sua patologia anche se gli elementi restano comunque tali da indurre a confermarne la pericolosità sociale.

Era stato il giudice dell’udienza preliminare Elisabeta Boccassini a chiedere, lo scorso ottobre, un aggiornamento della consulenza tecnica, solo per verificare se l’uomo potesse partecipare al processo. Se a gennaio la conclusione degli esperti andrà – come sembra – in questa direzione, allora l’udienza potrà finalmente tenersi. Un’udienza in cui il giudice dovrà tener conto degli altri elementi della relazione psichiatrica già acquisiti, secondi cui Renzi non era al momento del delitto capace di intendere e volere. Il procedimento dovrebbe quindi chiudersi con una pronuncia di non imputabilità, pur confermando il ricovero nell’ospedale psichiatrico come misura di sicurezza per un soggetto ancora troppo pericoloso. La dichiarazione della totale infermità mentale gli consentirebbe di partecipare alla suddivisione dei beni ereditari, sebbene tramite la gestione di un curatore. (c.d.m.)

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