Malati di gioco, la metà sono donne

La ludopatia coinvolge non solo disoccupati e anziani, ma anche insegnanti e professionisti. Per i debiti spesso ci si separa

Salerno novella Roulettenburg, la città dov’è ambientata “Il giocatore” di Dostoevskiy? Girando per le varie ricevitorie parrebbe proprio di sì. Fin dalle prime ore d’apertura, sono gremite di pensionati e disoccupati. Ma da qualche tempo anche di donne. «Almeno un 50%», dice il gestore di una storica ricevitoria di via Cuomo. Il fenomeno è in crescita: giocano adesso le donne, persone di mezza età anche professionisti, con puntate più diffuse anche se di minore entità.

Questi dati sono sufficienti a parlare di dipendenza dal gioco o ludopatia? Secondo gli studi, il gioco d’azzardo patologico è definito dalla presenza di almeno 5 circostanze: il giocatore rimugina sulle giocate pregresse, programma le successive, non pensa ad altro che a ottenere il denaro col quale puntare. L’autocontrollo si abbassa: spesso non riesce in nessun modo a limitare le giocate, perché queste gli consentono di evadere dal peso opprimente dei sensi di colpa, che sono essi stessi causa scatenante di molte nevrosi. «Il gioco lo assorbe come una droga, lo rapisce, lo aliena, a volte lo annienta», dice la psicologa Mirella Mazzacaro. «Spesso il giocatore raddoppia le puntate per rifarsi delle mancate vittorie e nell’atto disperato di rincorrere le perdite, comincia a mentire al parente, al terapeuta, ovviamente anche all’intervistatore - spiega la psicologa Mazzacaro - Quando si accorge che il prossimo si rifiuta di prestargli soldi, alcune volte giunge fino a commettere azioni illegali: dalla frode, alla falsificazione, al furto».

La dipendenza dal gioco può avere gravi ripercussioni sui legami e le relazioni. Spesso i familiari più stretti, per paura che il giocatore risulti troppo assillante nella richiesta di denaro, lo emarginano. Si apre così una spirale senza ritorno: i conoscenti lo bollano come un drogato e fanno di tutto per evitarlo. Al coniuge racconta sempre menzogne. Lo stesso rapporto con i figli spesso si pregiudica.

La dottoressa Mazzacaro parla della ludopatia come di una “futura malattia nazionale”, visto che, stando ai dati, il gioco d’azzardo non incide solo sull’esistenza del singolo, ma anche dei nuclei familiari. La percentuale dei divorzi causati da debito da gioco sfiora l’8%. Spesso il giocatore brucia rapidamente tutti i risparmi e per ovviare alle difficoltà comincia a vendere oggetti al monte dei pegni. A volte anche preziosi beni di famiglia.

«Mio marito s’è venduto tutti i gioielli, m’ha fatto fare la fine sua! Sono diventata anch’io una scommettitrice abituale come lui», dice un’insegnante mentre punta in una ricevitoria in via Roma. Per curare la ludopatia gli psichiatri e gli psicoterapeuti si avvalgono soprattutto di psicofarmaci antidepressivi. «Non è raro riscontrare forme serie di depressione caratterizzata da disturbi bipolari» spiega la dottoressa Mazzacaro.

Macchinette a Salerno sono in quasi tutti i bar. «Gioco solo al “dieci e lotto”», dice una donna in una ricevitoria di via Roma. La maggior parte dei giocatori resta per ore davanti alle slot machine, ai videopoker e alle videolottery. «Mi sento un privilegiato- dichiara il titolare di un’agenzia di scommesse del centro storico - Pare sia l’unica attività che non risenta della crisi».

Diego De Carlo

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