la giornata mondiale del rifugiato 

Mahomed e Malan, un anno per avere l’agognato documento

«Il documento è forse uno dei pochi modi se non l’unico per cercare di sentirsi più accettato». Si riassume così, in una sola frase, in cosa si riduce la prima necessità di migliaia di persone:...

«Il documento è forse uno dei pochi modi se non l’unico per cercare di sentirsi più accettato». Si riassume così, in una sola frase, in cosa si riduce la prima necessità di migliaia di persone: inseguire il sogno di avere un documento in tasca. Un semplice foglio di carta, che noi ritiriamo in qualsiasi momento con una fototessera e un pagamento di cinque euro nell’arco di mezzora, quando non c’è fila allo sportello del Comune. Mohamed ha dovuto aspettare 1 anno e due mesi per avere un documento di identità, ha 19 anni, viene dalla Guinea Conakry (il nome informale con cui i suoi abitanti distinguono la Guinea dalla Guinea- Bissau). Mohamed è uno dei tanti che ieri sera era presente al circolo dell’Arci in via Portacatena, nel centro storico di Salerno, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. C’era la musica, c’era il teatrino dei burattini per i più piccoli, ma non si è potuta considerare una vera e propria festa.
«Quella di oggi è una giornata che si celebra in tutto il mondo e vuole essere un momento di sensibilizzazione, in un periodo difficilissimo per gli immigrati, in cui crescono sempre di più luoghi comuni e pregiudizi sui fenomeni migratori, sentimenti alimentati da una certa politica becera, che evoca invasione e allarmismi simili», spiega Francesco Arcidiacono, responsabile di Arci Salerno. Durante la serata è stato proiettato un docufilm sull’esperienza della piccola cittadina calabra di Riace, che negli immigrati ha riscoperto una risorsa che ha risollevato le sorti della stessa cittadina. Eppure in tanti, anche a Salerno continuano a vederli come “il nemico, il problema”. «Tante persone nemmeno immaginano cosa abbiamo passato per arrivare qui, io in Guinea ho lasciato mia madre sola, perché mio padre è morto, sono venuto qui perché in Guinea c’è la guerra tra cristiani e musulmani», racconta a fatica Mohamed. «Sono scappato perché gli eserciti arruolano i ragazzi, ma io lo trovo stupido e ingiusto, non voglio combattere contro altri miei fratelli, per quale motivo?».
Mohamed è arrivato in Italia ma preferisce non parlare del viaggio del deserto, in cui tanti non ce la fanno. «Io non cammino spesso su lungomare, mi sento osservato, la gente pensa che siamo tutti uguali, ma proprio come gli italiani, c’è chi tra noi spaccia droga, ma tantissimi di noi sono brave persone, ed io ho bisogno di un documento per provarlo». Mohamed si sfoga, ora che ha un documento si sente più legittimato, Salerno gli piace e gli piacciono i salernitani, ma spesso è ancora a disagio.
«È stato brutto aspettare di avere il documento – mostrandolo con fierezza nel portafoglio – a tanti dei miei amici non è stato dato, ed io per quasi un anno ho avuto paura di non riceverlo dalla commissione», spiega Malan, 19 anni, lui viene dalla Guinea Bissau. Non scappava dalla guerra, ma cercava solo una nuova esperienza di vita, per seguire tanti suoi cari partiti alla volta dell’Europa. «Perché dovremmo per forza scappare dalla guerra? Tu non hai mai viaggiato per lavoro o per tanti altri motivi? Chi stabilisce cosa è giusto per chi?» mi domanda Malan. Non c’è tempo per rispondere, ed aggiunge: «Io non viaggio in aereo, però mia madre non voleva che partissi. Ho attraversato il deserto su una macchina, ce ne erano altre con la mia, ma tante persone sono morte durante il viaggio attraverso Niger, Mali e Libia, per settimane con una borraccia di acqua». Malan e Mohamed intagliano il legno ed il loro sogno è di diventare bravi falegnami, per ora però hanno solo il documento conservato gelosamente, ed è già un traguardo che sembrava assurdamente irraggiungibile.
Marco Giordano
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