L'OPINIONE

Magistratura da ordine a potere Bisogna riformare il ruolo del pm

di GIUSEPPE GARGANI

Chi ha ritenuto sin dagli anni ’’80 - ’90 che fosse in atto un mutamento della magistratura da “ordine autonomo”, così come disciplinato dalla Costituzione, a “potere” che ha sempre un valore politico, non può meravigliarsi dello scontro tra Consiglio Superiore e pubblici ministeri, e del metodo utilizzato per la scelta dei ruoli direttivi, diciamo meglio di comando degli uffici giudiziari, in particolare di quelli inquirenti.

Non posso dunque non ricordare le tante battaglie che insieme a tanti ho portato avanti in Parlamento e i numerosi scritti anche di valore sistematico non solo politico, nei quali ho denunziato questa anomalia che avrebbe portato ad uno scontro all’interno della stessa magistratura dopo le aspre contese con la politica e con i politici. Negli anni ’80 un pubblico ministero importante e di valore come Gherardo Colombo teorizzò, a nome di Magistratura democratica, che il ruolo del magistrato dovesse essere quello di controllore del potere politico non essendoci alcuna forza politica compreso il Pci che a quell’epoca fosse grado di contestare, a suo parere, il potere del partito di maggioranza. Negli anni ’90 con Tangentopoli, ma non solo, si è rafforzato questo ruolo anomalo della magistratura e non solo della corrente di sinistra che ha investito tutto l’ “ordine” divenuto appunto “potere”.

La conseguenza è che il Csm non riesce ad essere un organo di “garanzia” che tutela l’indipendenza, ma un organo che tutela solo l’ “autonomia” come separatezza, al di fuori di ogni responsabilità e, finora, al di fuori di ogni controllo. La previsione che un giorno sarebbero venute fuori tutte le pratiche di lottizzazione che da anni si praticano anche in maniera spregiudicata e che potrebbero essere giustificate (e non lo sono) per le faccende politiche, ma non sono ammesse per scelte che dovrebbero essere fatte per personalità al di sopra delle parti per garantire appunto la imparzialità di chi deve digerire un ufficio giudiziario.

Orbene tutto quello che è la stampa rivela, di incontri, di colloqui riservati, di supposizioni, di presunti reati e certamente di comportamenti deontologicamente condannabili, fa ricadere sulla magistratura i tormenti che per tanti anni con le loro iniziative hanno invaso la sfera privata di politici o di amministratori per normali incontri che naturalmente, questi sì, sono naturali e doverosi. Quindi finalmente diventa evidente e veritiero il luogo comune che si sussurra da tanti anni che “il procuratore della Repubblica, in particolare quello di Roma, vale tre ministeri”. L’ufficio di presidenza del Csm ha proclamato che “si impone un confronto responsabile tra tutti i componenti per la forte affermazione della funzione istituzionale del Csm a tutela dell’intera magistratura”.

Dopo tutto quello che abbiamo letto sulla stampa e dopo le dimissioni di un suo componente, non credo sia possibile ridare credibilità e trasparenza al Csm e alla magistratura se non affrontando il problema della giustizia che non è stato affrontato da governi ben più consistenti, figuriamoci se può essere affrontato da quello in carica. È chiaro che a noi come cittadini interessa correggere le deviazioni istituzionali perché, se ci sono fenomeni di corruzione la situazione diventa ancora più grave, ma interesserà il singolo e certamente renderà più tristi e perplessi i cittadini.

Dunque dovrebbe essere la stessa magistratura a riconoscere che la supplenza politica a lungo andare deprime e delegittima la stessa istituzione. Lo diciamo da anni sempre inascoltati. Il ruolo del Pm così delicato e così determinante per l’equilibrio istituzionale non può essere subordinato al potere delle correnti o di singoli magistrati, così come non può essere subordinato al potere politico: si tratta di due patologie da scongiurare, la prima purtroppo assolutamente evidente proprio per “una forte riaffermazione della funzione situazionale della magistratura”.

Se la magistratura vuole superare questa prova durissima che inevitabilmente la segnerà per sempre, dovrà accettare le riforme e per prima la riforma del Pm che deve essere diverso dal giudice; e una volta riconosciuta questa ovvia realtà dovrà discutere con il potere legislativo per una riforma che dia valore al processo penale che tutti abbiamo voluto accusatorio per superare quello “inquisitorio” che sembrava meno democratico e meno garantista.