Madre morta coi gemelli Arriva la perizia dei pm

Il dottor Zotti ha depositato la consulenza: indagati 5 medici dello “Scarlato” La 25enne di Angri si spense nel 2011 insieme ai bimbi che portava in grembo

SCAFATI. Nelle perizie medico-legali c’è la chiave dell’inchiesta sul decesso di Maria Rosaria Ferraioli, la 25enne di Angri che il 25 aprile del 2011 morì all’ospedale di Scafati, all’ottavo mese di gravidanza, insieme ai due gemelli che portava in grembo. Il medico legale Zotti, nominato dai pm del tribunale di Nocera Inferiore Guarino e Russo, allora titolari della delicata indagine, ha depositato tutte le perizie in attesa della nuova udienza davanti al gup Giovanna Pacifico, fissata il 28 novembre.

La relazione ripercorre i ruoli degli indagati che si occuparono del caso clinico. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 5 dei sette indagati che, secondo l’accusa, avrebbero cagionato il decesso “con condotta negligente, imprudente ed imperita di tipo commissivo ed omissivo” . Il processo è stato chiesto per Michele Mastrocinque, di Pompei, ginecologo di fiducia di Maria Rosaria Ferraioli, per i due anestesisti dello “Scarlato” Michele Piscopo di Angri e Raffaele Molaro di Somma Vesuviana, per il chirurgo Attilio Sebastiano di Salerno, il ginecologo di turno Vincenzo Centore di Angri, entrambi di turno all’ospedale di Scafati. I cinque rispondono a vario titolo di omicidio colposo, procurato aborto colposo plurimo e l’ulteriore, ipotizzato falso in cartella clinica.

I pm titolari dell’inchiesta hanno ricostruito l’iter medico clinico della donna, partendo dai primi controlli di routine con il ginecologo di fiducia, fino alle ultime ore di agonia, col prematuro decesso di Maria Rosaria e dei suoi gemelli. Tra i cinque è evidenziato il ruolo del ginecologo privato Mastrocinque, che, secondo l’accusa, “a fronte di una paziente che accusava un ascesso alla radice della coscia destra, non effettuava tempestivamente corretta e tempestiva terapia antibotica per via intramuscolo, sottovalutando il rischio di infezione”, prescrivendo una pomata e impacchi di camomilla. Dopo due giorni di terapia, il dolore non accennava a diminuire, e la donna rappresentò il persistere della tumefazione, prima di recarsi in ospedale su consiglio dello stesso medico, che omise di indicare la necessità di una struttura con terapia intensiva neonatale. Maria Rosaria Ferraioli venne ricoverata all’ospedale di Scafati, dove il chirurgo Sebastiano le praticò una incisione chirurgica con successivo drenaggio. L’intervento venne effettuato dopo un informale consulto telefonico col ginecologo di turno, Centore, senza effettuare controlli ginecologici alla paziente, col successivo trasferimento in una struttura ospedaliera per il trattamento dei nascituri prematuri. Centore, nonostante il pronto soccorso avesse chiesto una consulenza, non ritenne necessario, secondo l’accusa, effettuare ecografie o altri esami per monitorare lo stato di salute dei feti. La situazione precipitò tra il 24 e il 25 aprile, quando Maria Rosaria iniziò a sentirsi male. All’alba del 24 la donna era con sua madre quando venne disposto un intervento d’urgenza per un evidente shock settico, in presenza degli anestesisti Piscopo e Molinaro, il chirurgo Sebastiano e del ginecologo Centore. In quel frangente l’accusa ipotizza che i quattro, piuttosto che effettuare un rituale taglio cesareo per favorire la nascita dei gemelli, persero tempo prezioso. Dopo la morte, secondo i pm, fu Sebastiano a falsificare la cartella clinica.

Alfonso T. Guerritore

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