«Luigi e Maria, vittime di quella strada» 

Nunzio Civale è il papà del 26enne deceduto 12 anni fa in un incidente in via Cupa Filette: «Più controlli e telecamere»

Sono le 17.50 del 31 ottobre del 2005: a bordo della sua moto Yamaha, il 25enne Luigi Civale sta tornando a casa, a via Cupa Filette. Deve fare una doccia prima di andare al lavoro nel pub di via Gramsci che ha preso da qualche anno. La sua famiglia si è trasferita nella zona rurale da poco, ed è stato proprio lui a insistere. Vuole sposarsi e vuole una casa singola: in previsione, papà Nunzio e mamma Bianca Vece prendono quell’immobile. Luigi non s’è mai fermato: fin da quando a 9 anni iniziò le gare di corsa a bordo di un kart. Poi la moto e l’auto. Come papà Nunzio. A 22 anni, vende la sua “Clio” gialla da corsa per aprire il pub. E poi cerca pure di aprire una fabbrica per lo smaltimento e riciclaggio degli pneumatici. Ma il suo cuore smette di battere il 31 ottobre, quando un camion lo investe in via Cupe Filette. Dodici anni dopo, a 20 metri da casa Civale, perderà la vita la 20enne Maria Rosaria Santese. Nella tappezzeria di via Dante Alighieri, che gestisce insieme alla moglie, c’è il papà di Luigi, Nunzio Civale. È timido, ma quando parla del figlio non è l’imbarazzo a interromperlo, ma l’emozione.
Cosa ha provato quando ha saputo di Maria Rosaria?
«Ognuno ha un modo diverso di reagire. Forse io sbagliai. Per entrare di nuovo in un bar, ad esempio, ci ho messo 7 anni: non accettavo l’idea di fare qualcosa che Luigi non avrebbe potuto fare più. Si può fingere di nasconderlo, ma il dolore rimane…».
Due vittime della stessa strada?
«Io non voglio vederlo lì a terra, Luigi: voglio ricordarmi di com’era un’ora prima. Lui non è su quella strada, e nemmeno Maria Rosaria. Mio figlio correva tutte le domeniche, e in settimana provava. Conosceva veicoli e strade. E su quella via guidava con prudenza. A via Cupa Filette ci vogliono telecamere e dei controlli. Le forze dell’ordine dovrebbero pattugliarla. E poi quella strada è stretta e manca pure la visibilità. Non si vede nulla: solo immondizia. E non è colpa al Comune. È l’inciviltà della gente…».
C’è chi propone il senso unico...
«Le persone spingerebbero ancor di più il piede sull’acceleratore. E poi Maria Rosaria andava piano e mio figlio pure. Quelle erbacce sono alte un metro e mezzo e si estendono verso l’asfalto per circa un metro».
E i lavori di qualche anno fa?
«Volevo fare una petizione per bloccarli: hanno alzato la strada di 30 centimetri, e quando piove ci allaghiamo pure. Ampliare la strada andrebbe bene per la visibilità, però non ci sono i lampioni: gli operai mi dissero che avevano avuto ordine di metterne quattro... Quattro lampioni per una via lunga più di 2,5 chilometri? Meglio non metterli».
Era buio alle 17.50 di quel 31 ottobre. E per far luce sull’ accaduto c’è voluto tempo.
«Il camion che ha preso mio figlio uscì all’improvviso in retromarcia dal cantiere di un edificio in costruzione. Mio figlio non superava i 60 chilometri orari, non c’erano nemmeno i segni di frenata. Abbiamo vinto in primo grado nel 2011, poi in appello nel 2012 e nel 2015 anche la Cassazione ci ha dato ragione. Dopo dieci anni… Se quella brutta erbaccia non ci fosse stata, forse Maria Rosaria sarebbe viva. Ma io sono cattolico, e credo che Dio abbia bisogno di loro lassù. È l’unica spiegazione possibile. Vedi certe persone che stanno sempre bene e poi alcuni, come Maria Rosaria, come mio figlio, che non ci sono più. Tuo figlio ti dice “ci vediamo stasera”, e poi non lo vedi più, per sempre...».
E dopo, la sua vita?
«Mi chiusi in casa, e per strada tenevo la testa bassa. Per 6 anni la vita si è fermata. Poi, nel 2011, un momento familiare difficile, e dissi a mia moglie che se ne fossimo usciti avremmo cambiato tutto. È vero, per tutti io sono “il papà di Luigi”, ma è bello. Lui me lo diceva: “Al mio funerale ci sarà tutta Battipaglia”. E così è stato…»
Cosa direbbe ai Santese?
«Che non bisogna abbattersi, anche se il dolore c’è ed è tanto.Con la fede so che mio figlio è altrove. E anche Maria Rosaria è lì. Luigi mi manca ma lo sento vicino. Lui è con me, con mia moglie e con l’altro mio figlio, che mi ha dato due nipotini stupendi. L’ultimo è nato il 21 gennaio scorso, nel giorno in cui Luigi avrebbe compiuto 37 anni. E il papà ha voluto chiamarlo come lo zio: Luigi Civale».
Carmine Landi
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