Lottizzazione Santa Lucia In sei vanno a processo

Rinviati a giudizio costruttori e tecnici municipali. Il Comune è parte civile Tolti i sigilli a cinque palazzine: la prescrizione fa scattare il dissequestro

Andranno tutti a processo i sei imputati per la lottizzazione Santa Lucia, anche se per cinque delle tredici palazzine sequestrate è stata disposta la rimozione dei sigilli perché la vicenda è ormai prescritta. Ieri mattina il giudice dell’udienza preliminare Stefano Berni Canani ha rinviato a giudizio l’imprenditore Giuseppe Pontecorvo (che con la srl Slam, “Santa Lucia Abitazioni Meridionali”, stava realizzando un investimento di quaranta milioni di euro), il progettista Bruno Di Cunzolo e i tecnici comunali Attilio Busillo di Campagna, Michele Guardigni di Battipaglia, Maria Gabriella Camera di Torre Annunziata e Gaetano Oliva di Napoli. Rispondono di accuse che vanno dal concorso in abuso d’ufficio alla lottizzazione abusiva, perché secondo il pubblico ministero Antonto Cantarella le case sono state realizzate senza che fosse attuato il necessario piano per i servizi. Per i primi cinque edifici, risalenti al 2010, le ipotesi di reato sono però estinte, e ieri il giudice ne ha disposto il dissequestro constatando che il tempo della prescrizione era decorso già prima che il pm esercitasse l’azione penale, cioè prima della richiesta di rinvio a giudizio. Per gli stabili successivi si va invece a processo e restano i sigilli. La prima udienza è fissata per giugno davanti alla prima sezione penale e in aula ci sarà anche il Comune, che si è costituito parte civile.

L’inchiesta ha coinvolto nel complesso 315 appartamenti. La Slam li stava costruendo in forza di una concessione edilizia, ma senza un piano di lottizzazione che prevedesse opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Il pubblico ministero ha ribadito che quel piano era invece necessario, perché senza di esso i servizi sarebbero stati insufficienti a sostenere il nuovo insediamento abitativo. Secondo l’accusa, inoltre, il permesso a costruire non rispondeva agli indici di edificabilità delle aree interessate, ad esempio per la distanza minima dalle strade, che se rispettata avrebbe potuto ridurre di molto il numero degli appartamenti e dei negozi da edificare. Lo scontro con le difese (nel collegio Agostino De Caro, Michele Tedesco e Alfonso Landi) si incentra soprattutto sull’esistenza di una rete idrica sufficiente a sopportare il nuovo carico urbanistico: per gli avvocati quella rete già c’era, sebbene non funzionante, e non era quindi necessaria una convenzione che attribuisse alla Slam l’onere di realizzarla; secondo il pubblico ministero ad essere già presente era invece nient’altro che un pozzo, peraltro di proprietà privata. Ricostruzioni discordanti su cui adesso sono chiamati a pronunciarsi i giudici del Tribunale.

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