Lolita e la prof di charme Una donna per ogni bottiglia

di Barbara Cangiano

Ogni bottiglia è una nascita, perché dietro l’etichetta c’è la passione, l’impegno e la cura. Vincenzo Parlati (nella foto con la figlia Chiara) è il patròn dell’azienda vitinicola Donna Clara, centoventi ettari che si srotolano tra terreni argillosi e arbusti a 450 metri sul livello del mare, in quel borgo antico di Licusati dove ancora oggi si respira il profumo del pane dei contadini. Ginecologo in pensione, ha scelto di dedicarsi ad altri parti, non meno impegnativi di quelli che gli hanno regalato mezzo secolo di sorrisi ed occhi per la prima volta sbarrati sul mondo. «Ho sempre amato il vino - spiega - Avendo poi una tenuta di famiglia, nel 2002 ho deciso di impiantare dei vitigni e di coltivare questa mia passione». Cinque ettari vitati a base di Aglianico, Fiano, Greco, Falanghina, Merlot, Cabernet Sauvignon sono il “nido” da cui nascono cinque bottiglie ben strutturate, ognuna con una storia alle spalle da raccontare. Mescolando il fiuto dell’enologo Giuseppe Capo, il recupero di un passato antico di una famiglia che affonda le proprie radici nell’anno Mille ed una solida cultura classica, Parlati, affiancato dalla figlia Chiara, ha aiutato a venire al mondo tre bianchi e due rossi che dopo aver conquistato anche Sicilia e Lombardia, iniziano ad affacciarsi sui mercati canadesi, americani e tedeschi. Caracea è una Falanghina Igt in purezza, che ha rubato il nome alla famiglia di alghe verdi (Characeae) dell’ordine delle Caroficee, proprie delle acque dolci o salmastre, che comprende forme sia fossili sia attuali. «Nel luogo dove curo le mie uve - racconta - fu trovato il fossile di una cozza preistorica, perché in quel punto c’era il mare, prima di lasciare il posto ad un lago che si prosciugò offrendoci l’attuale vallata. Il terreno, nei secoli, ne ha assorbito tutti gli elementi, ecco perché questo è un vino che ha un sapore molto particolare». Pante è invece un Fiano Igt «ispirato all’avverbio greco che significa in ogni luogo. Tanto è buono, che ogni situazione è idonea per gustarlo». Terrae 15, è un Greco che nasce nella particella catastale numero 15 del vigneto. Filosofia e tradizione sottendono invece il background dei due rossi della casa: Parmenide, un blend di Aglianico, Merlot e Cabernet Sauvignon, rende omaggio al celebre filosofo della Scuola Eleatica, mentre Notarius, Aglianico in purezza, è una sorta di sigillo a quella che è sempre stata la vocazione di una famiglia fatta di magistrati, avvocati e notai. Notaio era anche il papà del titolare di un’azienda dedicata a mamma Clara. «Mi piace paragonare i miei vini al gentil sesso - sottolinea Parlati, che non nasconde il suo debole per le donne - a seconda delle caratteristiche che ogni bottiglia sa sprigionare». Ecco dunque che «Caracea si mette in vetrina come una Lolita quindicenne che ammicca al mondo sapendo di essere bella; Terrae 15 è una ragazza da sposare, seria e posata senza grilli per la testa; Pante è una quarantenne di classe, a cui nulla va insegnato; Parmenide una affascinante cinquantenne che sa accogliere in casa i suoi ospiti mettendoli a loro agio, mentre Notarius è una donna ormai matura, ma capace di risplendere in mezzo a mille per la sua classe e la sua cultura». E per dare un tocco di classe alle sue creature, il ginecologo ha scelto lo stemma di famiglia, risalente all’anno Mille: «I miei avi erano mercanti di oro e lino. Dalla costiera amalfitana partivano alla volta del Mediterraneo, finchè non rimasero rapiti dalla sensualità di queste cose. E decisero di trasferirsi qui, dove acquistarono l’attuale proprietà». Nel tondo spicca una torre, simbolo della forza, sulla quale svettano una stella (la felicità) ed una cometa (la buona notizia). In cima, un’araba fenice (la speranza di chi sa di poter risorgere dalle proprie ceneri). Infine un puttino, «i bambini, a cui lasciamo la nostra eredità affinchè continuino a lavorare nel solco dei nostri valori».

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