L'EDITORIALE

Loffredo presidente Consiglio comunale: tarallucci, vino e pastarelle

E' la cartina di tornasole di un Palazzo che si è chiuso a riccio

Dove eravamo rimasti? Ah, già, ai tarallucci e vino. Anzi, alle pastarelle. Quello che si è consumato ieri sera in Consiglio comunale - non solo dal punto di vista gastronomico - è la cartina di tornasole di un Palazzo che, dal tintinnar delle manette in poi, si è chiuso a riccio nei suoi riti e consuetudini, sbattendo le porte in faccia prima ai giornalisti e poi alla realtà. Come se, ormai da un mese a questa parte, nulla fosse accaduto nella città reale; come se le inchieste, gli arresti, gli avvisi di garanzia appartenessero ad un mondo a parte, lontano, lontanissimo dalle austere stanze del Comune.

La sostanza alla fine è questa, almeno per chi crede che è meglio negare l’evidenza che affrontarla. E l’evidenza è che ci troviamo di fronte ad una larga fetta della classe politica locale screditata; che - secondo le accuse della Procura e le dure parole del gip Gerardina Romaniello - ha piegato l’interesse pubblico a quello personale, l’intrallazzo e il favore all’amico di turno invece delle corrette procedure amministrative e il merito. Certo, saranno i processi a sancire la verità su quanto accaduto, a stabilire se cioè ci sono stati profili penalmente rilevanti negli episodi contestati dai pm. Ma quanto è accaduto, almeno sul piano etico, avrebbe dovuto indurre a ben altri comportamenti. Altro che pastarelle, dunque. Anche perché, stavolta, non finirà di certo a tarallucci e vino.