Lo studio della Sgi per contenere i costi

La proposta è stata elaborata dalla Società geografica italiana per il Ministero delle Autonomie

Nuovi confini, un numero maggiore di regioni, nessuna provincia e la ferma intenzione di valorizzare l’esistente snellendo la macchina economica e burocratica. Nasce con presupposi ambiziosi il progetto della Società geografica italiana, proposto al Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie, che prevede un nuovo assetto istituzionale per la penisola che già promette di scatenare battaglie, politiche e non, in nome della salvaguardia delle autonomie.

«Le nuove regioni sarebbero il risultato di un’aggregazione intercomunale – ha anticipato Sergio Conti, presidente della Società geografica italiana – e non di un accorpamento delle province così come previsto dal disegno di legge costituzionale approvato negli scorsi giorni. Passare dunque ad un’organizzazione dell’Italia articolato in una molteplicità di centralità strategiche secondo l’individuazione di una pluralità di nuovi fattori di localizzazione che sostengano un ritaglio amministrativo adeguato al territorio».

La nuova Italia sarebbe dunque composta da un numero di regioni che varia dalle 35 alle 40. Queste sostituirebbero le attuali province per “diventare i centri propulsori della gestione amministrativa e dello sviluppo in un rinnovato patto di cittadinanza».

La proposta di “neo regionalismo” avanzata della Società geografica parte da un importante studio del 1999 che già prevedeva un ridisegno dei confini regionali volto a snellire la macchina burocratica e amministrativa delle Province e delle Regioni, oltre che a rivedere il territorio secondo criteri di omogeneità geografica, demografica, culturale, infrastrutturale e sociale.

Con la ripresa del dibattito intorno al futuro delle Province, si sono anche intensificati i rapporti tra il Ministero e la Società geografica italiana, che ha elaborato una nuova mappa del territorio. (c.i.)

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