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«Lo sparo? Non ricordo nulla»

La testimonianza di Maria Fiore sfiorata da un colpo alla Lamia

PAGANI. «Non ricordo, quelle che ho indicato ai carabinieri erano persone che conoscevo di vista, ragazzi del quartiere. Non li ho mai riconosciuti». Così la testimone Maria Fiore, colpita al braccio da un proiettile vagante nel cuore della Lamia il 30 agosto del 2007, ieri in aula nel corso del processo a sette persone. “Ho visto una persona con le mani abbassate. Non so se fosse una pistola. Non ho mai detto che i tre erano coinvolti nel litigio. Forse passavano di là. Li conoscevo di vista - ha ribadito la ragazza, prima al pm Capone poi, dopo una pausa per la troppa tensione, al giudice Domenico Diograzia che presiedeva il tribunale.

«A un certo punto non sentivo più il braccio», ha rievocato la malcapitata, portata in ospedale. Il processo, aggiornato al prossimo 29 gennaio, non ha nulla a che vedere con la camorra. Ma tra gli imputati ci sono Andrea De Vivo, ieri presente in videocollegamento, condannato in secondo grado all’ergastolo per l’omicidio del tunisino Aziz, e Francesco Fezza, anche lui colpevole dello stesso agguato, in attesa della Cassazione. La vicenda è “solo” una storia di ordinaria criminalità dei vicoli paganesi. Dove a sparare quel colpo fu per l’accusa Enrico Tortora, poi deceduto. Tortora quel giorno aveva un appuntamento con un altro pregiudicato, Salvatore Mandiello, per un incontro legato al furto di un motorino oggetto di un cavallo di ritorno. Tortora voleva 500 euro per restituire lo scooter, ma non aveva fatto i conti con Fezza e De Vivo, uomini del clan Fezza-Petrosino-D’Auria, allora entrambi a piede libero, chiamati da Mandiello e arrivati per risolvere la questione. Dopo una breve discussione arrivarono gli schiaffi nei confronti anche dell’altro imputato, Francesco Cicalese, amico della Fiore, fino alla rissa interrotta da Tortora con i colpi di pistola, arma illegalmente detenuta.

Alfonso T. Guerritore

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