Lo dimettono e muore, medici imputati

Il giudice respinge la richiesta di archiviazione per i sanitari: «Grave negligenza aver tralasciato i sintomi dell’infarto»

Ci sarà un processo per la morte di Raffaele Bellizia, il cinquantenne di Battipaglia che nel luglio del 2013 morì, stroncato da un malore, tre giorni dopo essere stato dimesso dall’ospedale Santa Maria della Speranza dove era stato ricoverato per accertamenti cardiaci. Per il giudice delle indagini preliminari Renata Sessa, che ha respinto per la seconda volta la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura, il malore fatale a Bellizia «non può che essere ricondotto al comportamento negligente e omissivo dei medici della cardiologia ove fu ricoverato». Per questo ha deciso l’imputazione coatta per i quattro cardiologi che seguirono Bellizia durante il ricovero e ha disposto che sul registro degli indagati sia iscritto anche il nome del primario, presunto partecipe di una condotta che non tenne conto di alcuni valori anomali emersi dalle analisi cliniche. «Ritiene questo giudice – si legge nell’ordinanza di imputazione coatta – che deve certamente ascriversi a comportamento negligente l’aver tralasciato i dati dei valori della troponina (...) sia nel caso in cui non sono stati trasmessi, perché andava comunque sollecitato l’invio, sia nel caso in cui sebbene trasmessi non sono stati considerati (con conseguente responsabilità di tutti i medici del reparto che si succedettero in quei giorni ivi compreso innanzitutto il primario)».

L’alterazione dei valori è emersa dall’integrazione della documentazione medica, acquisita dopo che l’avvocato Bruno Romano si era opposto, per conto dei familiari di Bellizia, alla richiesta di archiviazione del procedimento. Una consulenza tecnica ha evidenziato che i numeri della troponina (non annotati in cartella clinica) avevano subìto un incremento, seppure modesto, che doveva far pensare a un infarto microcardico. Un incremento che se fosse stato annotato avrebbe sconsigliato – secondo il giudice – la dimissione del paziente, o almeno l’avrebbe accompagnata con la prescrizione di «ben differenti cautele». Raffaele Bellizia andò invece normalmente a lavoro nel suo negozio, dove fu colto dal malore fatale. Dal Santa Maria della Speranza era stato dimesso dopo sette giorni di ricovero con una diagnosi di sindrome coronarica e il consiglio di praticare per suo conto una scintigrafia da sforzo, che purtroppo non ebbe il tempo di fare. In ospedale era già stato sottoposto a una prova da sforzo, ma pare che le sue condizioni non avessero consentito di completare l’accertamento.

Già nella prima ordinanza con cui disponeva altre indagini, il gip riteneva inspiegabile che il paziente fosse stato dimesso quando la stessa diagnosi di dolore toracico aveva consigliato, solo una settimana prima, il ricovero in Cardiologia. Ora ha disposto che tutti i dubbi siano chiariti in un processo.

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