Legge Severino, condannato Mastursi

Diciotto mesi all’ex capo staff del presidente della Regione. Per De Luca la Procura ha già chiesto l’archiviazione

Il patto illecito, quello che nell’estate del 2015 consentì a Vincenzo De Luca di restare alla guida della Regione, è per i giudici romani molto più di un’ipotesi investigativa. Per quell’accordo sull’applicabilità della legge Severino è stato condannato ieri a 1 anno e mezzo l’ex capo staff di De Luca, Nello Mastursi, che lasciò l’incarico subito dopo la bufera giudiziaria e che ieri ha chiuso con un rito abbreviato il processo di primo grado. Nella stessa udienza preliminare sono stati rinviati a giudizio quelli che per gli inquirenti sono gli altri attori dell’illecito: la giudice Anna Scognamiglio (relatrice della pronuncia del Tribunale civile che sospese l’applicazione della legge Severino), il marito Guglielmo Manna (che in cambio di quel provvedimento favorevole avrebbe chiesto una nomina da dirigente nella sanità campana), l’avvocato napoletano Gianfranco Brancaccio, l’infermiere Giorgio Poziello dell’ospedale Santobono e l’avellinese Giuseppe Vetrano (candidato alle scorse regionali nella lista “Campania libera”) che avrebbero fatto da mediatori per garantire a Manna l’aggancio con Mastursi. Per il presidente della Regione vi è invece una richiesta di archiviazione: secondo la Procura non vi sono elementi per provare che De Luca sia stato a conoscenza dell’accordo (tanto più che Manna non ha ricevuto alcuna nomina) e il suo capo staff avrebbe agito in proprio, per salvaguardare il suo incarico a via Santa Lucia. Sarà questo uno degli elementi su cui il difensore Felice Lentini fonderà l’impugnazione in appello, evidenziando che la segreteria del “governatore” sarebbe comunque rimasta in carica. Ritiene inoltre che la Procura abbia ignorato anche altri rilievi, in particolare quelli sulla legittimità del provvedimento stilato da Scognamiglio, confermata dalle successive pronunce del Tribunale civile.

L’ordinanza “salva governatore” fu depositata il 22 luglio del 2015 e sospese l’applicazione della legge Severino, con successivo invio della questione alla Corte costituzionale. Se fosse stata di segno opposto, il presidente della Regione sarebbe stato sospeso dalla carica in virtù della condanna in primo grado per abuso d’ufficio nelle procedure sul termovalorizzatore. Quel presupposto è poi venuto meno in seguito all’assoluzione in appello (divenuta definitiva in Cassazione), ma in quei giorni la tensione era altissima. Le intercettazioni documentano contatti telefonici febbrili, che secondo i pubblici ministeri Corrado Fasanelli e Giorgio Orano sarebbero serviti anche a concordare il giorno in cui l’ordinanza doveva essere resa pubblica. Poi ci sono le lamentele di Manna per la nomina che tardava ad arrivare: «Io non faccio il direttore generale e va bene, però tu non farai il presidente della Giunta regionale. Io perdo 5 tu perdi 100» si sfoga con Gianfranco Brancaccio il 20 agosto del 2015. E ancora: «Ho fatto un investimento il 17 luglio (giorno dell’udienza al Tribunale civile ndr) ma mi deve essere ancora ritornato».

Per i cinque rinviati a giudizio il processo inizierà il 18 settembre, mentre per Mastursi dovrebbero arrivare entro giugno le motivazioni della sentenza di condanna. Per tutti l’accusa è di concorso in induzione indebita, la formula che dal 2012 sostituisce il reato di concussione quando si ritiene che le pressioni del pubblico ufficiale (in questo caso Scognamiglio) non siano state tali da non lasciare margini di resistenza al concusso, che anzi dal rifiuto non avrebbe tratto un danno ma solo la rinuncia a un indebito vantaggio. È quello che secondo i magistrati romani è avvenuto in questo caso, in cui tutti gli indagati avrebbero avuto il loro guadagno: dal giudice, che chiedeva la nomina per il marito, all’entourage deluchiano, che avrebbe scongiurato il rischio di una sospensione del presidente. La Corte costituzionale si è poi pronunciata ritenendo la legge Severino pienamente legittima, ma ormai l’assoluzione dall’abuso d’ufficio sottrae De Luca dall’orbita di applicazione della norma.

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