Legale rischia l’aborto, i giudici la ignorano 

Nominato un difensore d’ufficio nonostante l’istanza di impedimento, ma ora la pronuncia è nulla

“Gravidanza a rischio”, con “rischio abortivo” e prescrizione di sessanta giorni di riposo. Sarebbe bastata leggerla, la documentazione presentata da un’avvocatessa salernitana, per rendersi conto che la richiesta di rinvio dell’udienza era motivata da un impedimento che poteva ritenersi legittimo. Quell’istanza, invece, non fu affatto valutata e i giudici della Corte d’Appello andarono avanti assegnando all’imputato un difensore d’ufficio. Era il 28 giugno dello scorso anno, quella decisione consentì di arrivare nel giorno stesso all’emissione della sentenza ma ne comporta adesso l’annullamento da parte dalla Cassazione, che ha rilevato il vizio di nullità, cassato la pronuncia di merito e, visto che la materia riguarda presunti abusi edilizi, revocato l’ordine di demolizione dei manufatti e rimessione in pristino dei luoghi.
Ma andiamo per ordine. Il processo vedeva imputato un cinquantenne accusato di violazioni della normativa sull’edilizia, deturpamento di bellezze naturali e violazioni di sigilli. Nel giugno del 2016 la Corte d’appello ha dichiarato il non doversi procedere per i reati contravvenzionali, confermando nel resto la sentenza di primo grado. Quella seconda pronuncia di merito nasceva però viziata da una violazione delle garanzie difensive: i giudici non avevano preso in considerazione l’istanza di rinvio dell’udienza presentata dal legale dell’imputato, un’avvocatessa incinta a cui meno di un mese prima era stato comunicato lo stato di gravidanza a rischio con la prescrizione di sessanta giorni di riposo. L’8 giugno – una settimana dopo quella diagnosi e venti giorni prima dell’udienza – la donna aveva depositato in cancelleria l’istanza di rinvio, allegando la documentazione sanitaria. Non si aspettava che quei documenti non fossero nemmeno valutati. E dire che poco più di un anno prima, nel maggio del 2015, magistrati e avvocatura del distretto avevano firmato un protocollo d’intesa sul “riconoscimento del legittimo impedimento a tutela della maternità e paternità nell’esercizio della professione forense”. In quel documento di faceva riferimento a un’organizzazione dei calendari di udienza che tenesse conto delle esigenze legate a gravidanze e primi anni di vita dei figli, dando ovviamente per scontata la tutela della salute. Qualcosa, in quel processo per abusi edilizi, è invece andato storto: «Risulta dalla lettura del relativo verbale – stigmatizza la Cassazione – che i giudici di appello, senza esaminare la richiesta, hanno nominato un difensore d’ufficio». Un vizio definito di “nullità assoluta” e sfociato quindi nell’annullamento della sentenza. Ma solo per un capo d’imputazione potrà esserci un nuovo processo di merito, sul resto è caduta nel frattempo la scure della prescrizione. (c.d.m.)
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