Pagani

Le scioglie plastica sul corpo per gelosia

Arrestato il compagno che ha seviziato e ustionato la donna. Fuga nella notte: «Ho chiesto aiuto, mi hanno solo dato da bere»

PAGANI. Picchiata, legata, seviziata fino a ustionarla con la plastica fusa lasciata colare sulle parti intime. È una sequenza dell’orrore quella consumatasi in un’abitazione di Pagani, dove un 36enne di origine marocchina ha torturato la compagna, una connazionale di dieci anni più giovane, minacciando di ucciderla se non avesse confessato presunte relazioni sentimentali. Ora l’uomo (di cui omettiamo il nome per tutelare l’identità della vittima) è in carcere a Poggioreale, mentre per la ragazza è stata stilata una prognosi di trenta giorni. I medici dell’ospedale di Nola hanno dovuto staccarle dal corpo pezzi di plastica bruciata che ancora le erano rimasti addosso dopo una notte di sevizie e la fuga in strada.

L’incubo è iniziato sabato sera, al culmine dell’ennesima accusa di tradimento nonostante da settimane alla donna fosse vietato di uscire e fosse lasciata in casa con la porta chiusa a chiave e le finestre sbarrate. Già nei giorni scorsi era stata picchiata con una barra della rete del letto, lasciandole i segni sulla schiena. Sabato il convivente l’ha costretta a spogliarsi, le ha rasato una parte dei capelli e l’ha legata mani e piedi trascinandola in cucina. Lì ha preso a picchiarla con pugni e calci al volto, poi ha fuso con un accendino un cucchiaio e una bottiglia di plastica e li ha lasciati colare sul ventre e tra le natiche, incurante delle grida e delle implorazioni della ragazza. L’ha slegata quando l’ha vista ormai senza forze, ma la sua furia non era ancora placata e le è andato incontro con un coltello minacciando di ucciderla, ferendola alla mano con cui, con un gesto istintivo, cercava di proteggersi. Lei ha capito che per salvarsi la vita doveva blandirlo, si è trascinata accanto a lui, lo ha abbracciato ed è riuscita così a calmarlo finché l’uomo non si è addormentato. «Ho controllato per ore che stesse davvero dormendo – ha raccontato agli inquirenti – quando ne sono stata certa ho messo qualcosa di mio in una borsetta e sono fuggita. Non mi reggevo in piedi, sono caduta più volte, ma i primi automobilisti a cui ho provato a chiedere aiuto non si sono fermati. Ho anche bussato a un cancello, ho spiegato cosa mi era accaduto, una signora anziana mi ha solo dato una bottiglia d’acqua». È stata un’altra straniera a soccorrerla e ha portarla a casa della sorella, a San Giuseppe Vesuviano, da dove è partita poi la telefonata al 118. Il compagno l’ha raggiunta in ospedale e lì è stato arrestato, anche se lei non ha voluto denunciarlo spiegando di temere per sé la sua famiglia. Lui, difeso dall’avvocato Gerardo Cembalo, nega tutto, ma per il giudice che ha disposto il carcere gli indizi sono schiaccianti.

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